Cecchetto: “Formidabili quegli anni, creativi, “ma non tornerei indietro”. In una intervista all’Ansa il misano-riccionese d’adozione racconta gli anni d’ro dei dj.
Claudio Cecchetto, talent scout di fama oltre che produttore discografico e conduttore, è un professionista della musica che può dire ‘io c’ero’.
Quando? Nell’epoca in cui regnavano i disk jockey, in cui si aspettava il sabato sera per ballare con la loro musica in una scaletta che era figlia delle canzoni del tempo. Fare il dj alla fine degli anni ’70 e negli anni ’80 era fare un lavoro mitologico. Non a caso il protagonista di Mixed by Erry, il nuovo film di Sydney Sibilia nelle sale dal 2 marzo distribuito da 01 Distribution parte proprio da lì, dal sogno di mettere i dischi e scegliere la musica per gli altri, poi la storia prende tutta un’altra piega come si vedrà. Le nostre case di allora erano piene di musicassette, quelle ufficiali certo, ma anche quei mixtape di compilation fatte in casa, dall’amico, dal vicino di banco a scuola, magari a tema e su commissione, proprio come fa Enrico Frattasio, Erry, il protagonista.
“Capitava spesso – racconta all’ANSA Cecchetto – che durante la serata si avvicinavano per chiedertele, magari riuscivi a farne due tre, erano soddisfazioni, significava che avevi fatto centro”. A casa ne conserva? “No, non sono un uomo del passato, il passato ti ha formato ma non puoi farti schiavizzare, non sono tra coloro che tornano a casa e chiedono arrabbiati ‘chi ha spostato i miei vinili?’, non sono feticista di questi oggetti d’epoca, la tecnologia è andata avanti e la musica compressa mi va benissimo. Non è di alta qualità come l’hi fi? Pazienza, ci arriveranno. E quando qualcuno mi chiede se mi mancano i supporti dell’epoca rispondo: ma che scherziamo? Avete idea di che vagonate di roba dovevo spostare ogni volta, adesso è tutto nei file e via leggeri”.
Claudio Cecchetto in questo flashback spiega anche perché quegli anni di dj e di mixtape erano formidabili. “Eri libero di scegliere la musica e te l’andavi a scovare, perché in Italia non c’era quel genere, cominciavano ad arrivare i dischi di importazione, era musica che non esisteva nel mercato italiano, ma nella testa dei giovani e per questo come nel film di Sibilia ti chiedevano le compilation in mixtape, ‘facevi musica’ che non si sentiva alla radio e tantomeno in tv, loro impazzivano e tu arrotondavi un po’. Oggi che è tutto disponibile non ci rendiamo conto, ma se volevi ascoltare un tipo di musica andavi in discoteca non c’era altro modo, la Rai aveva qualche programma come Per voi giovani, Supersonic ma poco e poi mettevano le cose che decidevano i discografici di diffondere. La musica d’importazione ha scardinato tutto: non ci dimentichiamo che vivevamo gli anni cupi dei cantautori, non ce la facevamo più, epoca di lagne con il sermone, così quando è arrivato altro ci siamo tutti buttati: gli anni ’80 sono figli di quell’epoca e giù tutti a divertirci con il funky, Donna Summer, Giorgio Moroder. Adesso è tutto diverso, quella libertà e creatività non c’è più, c’è tanta musica orecchiabile ma poco memorabile, poca emozione. Mi dispiace per la Generazione Z, ma la mia ha creato così tanta bella musica che è difficile fare meglio. Adesso un dj fa una serata, ma è tutto già sentito, perché la scarichi di continuo, allora andavi ed era una scoperta. Quelli sono stati gli anni del wow”. C’era consapevolezza che quelle musicassette in compilation home made violavano i diritti d’autore? “Erano casarecce, la consapevolezza era ben poca perché all’epoca di pirateria non si parlava e poi il volume era relativo, certo nel caso dei Frattasio tutta un’altra storia”. Come faceva a trovare la nuova musica? “Era nei nuovi dischi che arrivavano dall’estero, dovevi avere i posti giusti dove comprare, io andavo a Gallarate da Carù. Intendiamoci, mica li potevi ascoltare, avevano la pellicola, li compravi a scatola chiusa. Io avevo un metodo, ero razzista al contrario e se il disco aveva un gruppo di colore a suonare lo prendevo. Una volta beccai una fregatura, erano gli Stylistics, sei musicisti, misi il disco ma fu una delusione, erano dei lentoni, invece io volevo far scatenare la gente in pista”. Mai avuto diretti problemi con la pirateria? “Sì ma ne sono stato vittima. Era per gli 883, all’apice del successo le persone si strappavano i capelli per loro e sulle bancarelle c’era una invasione di musicassette piratate, i genitori le compravano per regalo ai figli. Io mi inventai delle cassette di vari colori e diffusi tra i fan la notizia, così quando il padre si presentava a casa con il regalo i figli contestavano la provenienza perchè capivano che erano quelle false. Un’altra volta, sempre per gli 883, mi sono inventato la copertina anti stress con dentro un minuscolo campo di calcio e un piccolo pallone da mettere in buca. Nel mio piccolo contro la pirateria vinsi”.