Organizzata dall’Associazione Riccione Alba insieme con l’Amministrazione Comunale e la Cooperativa Bagnini si è svolta lo scorso 19 marzo sulla spiaggia antistante Piazzale Roma l’annuale “Fugaràcia” con un ricco contorno di giochi e spettacoli vari.
Usanza tipicamente romagnola nata a quanto si sa alla fine ‘700 nelle campagne delle nostre contrade. I contadini rispettando anche certi riti pagani legati a Marte non soltanto dio della guerra ma anche dio della campagna e della vegetazione, organizzavano questi fuochi che servivano per festeggiare la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera, ma anche per liberarsi delle potature e di cose in legno non più utilizzabili. Le cataste venivano poste non nell’aia, ma in un campo adiacente onde evitare che le faville contagiassero i pagliai che circondavano le aie. Con gli anni l’usanza si è diffusa anche nei centri abitati dove si accendevano fuochi, di ridotte dimensioni, quasi in ogni strada. La tradizione voleva che le giovincelle dovevano assistere ai fuochi per vedersi prosperare i seni scarsi a quell’età. In tedesco in caso di scarsità si dice “Ein Brett mit zwei Rosinen” cioè: “Un asse con due uvette”. Questa tradizione derivava dal fatto che San Giuseppe era un falegname e usava un attrezzo che somigliava ad una pialla, per cui a vedere i petti lisci si diceva in dialetto “U t’ha piauvlè Sagniùsèf ?” La tradizione dice che alla luce e con il calore delle Fugaràce si vedono crescere i seni a vista d’occhio.
Col tempo al Fugaràce si sono estese anche nelle città, come ha testimoniato Fellini nel film A m’arcòrd. A Riccione, ricordo, al di sotto della ferrovia il fuoco centrale veniva organizzato dai giovani frequentanti la Parrocchia della Madre Admirabilis. La catasta veniva posta sul terreno, allora libero dove poi è stato costruito l’Hotel Abner’s. Il materiale veniva raccolto già mesi prima, per la maggior parte, sulla spiaggia dove legni di ogni genere giungevano dalla foce del fiume Po.
E si sparava! Quasi in ogni casa delle campagne, ma non solo, esisteva un fucile da caccia (la sciòpa) e quindi si concretava per l’occasione, una sparatoria rivolta al cielo che si sentiva crepitare sia nelle campagne che nelle città. Oggi le armi sono diventate per fortuna una rarità (si usano soltanto per ammazzare le mogli).
Ai miei tempi noi ragazzi si approfittava per contattare e corteggiare le ragazze alle quali era concesso per l’occasione di di trattenersi all’aperto anche nelle prime ore notturne. Alla fine si gareggiava per mostrare eroicamente che si saltava impavidi sulle braci ormai semispente delle fugaràce. Le vecchie invece arrivavano con la sora (lo scaldino) per metterlo nel prit, un marchingegno che serviva per poi scaldare il letto.