Riportiamo un articolo uscito anni fa su due statue copie capolavoro che l’imprenditore Roberto Valducci regalò al Comune di Rimini.
Due copie (capolavoro?) di bronzo a cera persa da anni riposano nella polvere dei magazzini del Museo della Città. Il Tiberio originale si trova in Libia (nella foto) e venne rinvenuto a Leptis Magna (patrimonio dell’umanità). I Musei Vaticani ospitano Cesare Augusto, detto di Prima Porta, il luogo dove venne ritrovato. L’opera è di marmo. Di medie dimensioni; Tiberio è alto 257 centimetri; di 214 Augusto. Vennero regalate nel dicembre del 2000 (sindaco Alberto Ravaioli) da Roberto Valducci, il titolare di Valpharma. L’azienda di Pennabilli-San Marino è leader mondiale nei farmaci ritardo; il suo primo mercato è il Giappone. Esporta il 98 per cento della produzione. Racconta Valducci, 82 anni ed una passione per il lavoro, la musica e la bellezza (l’esterno e l’interno delle sue aziende accolgono opere d’arte di assoluto valore): “Regalai le statue alla città di Rimini per collocarle nei pressi del ponte di Tiberio e dell’arco di Augusto. Credo che siano tra le copie più belle dell’antichità”.
“Sono amareggiato – continua Valducci – a Rimini non regalerò più neppure uno spillo”. Originario di Savignano, l’industriale ha donato alla sua città un Giulio Cesare in bronzo posizionato vicino al ponte romano. E’ qui che Cesare, varcando il Rubicone (rendendolo immortale) con l’esercito (proibito dalla legge di Roma), e disse: “Alea jacta est” (Il dado è tratto). Il motto con il quale non si torna più indietro si trova nello stemma del Comune di Rimini.
Abbiamo sentito Maurizio Biordi, direttore del Museo della Città. “Non le posso dare una risposta – afferma Biordi – su quando e dove le collocheremo. Posso soltanto dire che l’amministrazione comunale sta lavorando ad un progetto per dare loro il giusto risalto”. Ma dove dovrebbero essere posizionate le due preziose copie? Lo abbiamo chiesto ad alcuni riminesi di prestigio. Maria Luisa Stoppioni, direttrice del Museo della Regina di Cattolica, dall’89 al 1994 ha scavato la Domus del Chirurgo: “Sono del parere che un museo deve essere libero di decidere dove e come esporre le opere d’arte donate. In anni così importanti per il museo di Rimini da fuori si fa fatica a capire; ha tantissime cose nei magazzini ed anche importantissime. Da operatrice dico che col donatore ci deve essere chiarezza fin dall’inizio. Le copie consentono ampia libertà rispetto agli originali; credo che vada trovato un modo inventivo. Dall’esterno le scelte appaiono incomprensibili; però potrebbero avere le loro ragioni. Se le avessi le collocherei all’interno, anche se forse il donatore se le immaginava vicino ai due monumenti romani. Siamo negli anni delle celebrazioni di Augusto e di Tiberio avere a disposizioni due copie importanti ti permette di fare tante cose. So che ci sono dei progetti da qui al 2022, anno che celebra i 2mila anni dell’inaugurazione del ponte di Tiberio”.
Il punto di vista di Piero Meldini, scrittore che ha pubblicato per Adelphi, già direttore della biblioteca Gambalunga di Rimini: “Sulle due statue bisogna vedere che cosa è stato concordato tra le due parti. Detto questo, personalmente io sono per l’autonomia. Per problemi di spazio, sia espositivo, sia dei magazzini, ci sono entità museali che declinano pezzi dal valore assoluto. Quando ero direttore della biblioteca, tanti eredi ci offrivano le biblioteche dei genitori. Accettavo ma mi garantivo anche il diritto di scartare; se ho tre copie di un libro, non incamero una quarta che mi porta via spazio prezioso. Per ritornare alla questione; il fatto che siano donati non vuol dire automaticamente esporre. Sempre in termini generali, a volte l’ultimo dei dilettanti ti regala una crosta e pretende anche che sia esposta in un museo. E’ un po’ come dire: ho scritto un grande libro e nessuno me lo pubblica. Prima deve essere letto e valutato da persone competenti”. Fossero due bronzi ben fatti come direbbe il matematico francese Ellia, dove collocarli? Ennio Grassi, professore universitario, già parlamentare, già assessore alla Cultura del Comune di Rimini (con lui, nel 1983, si mette la prima pietra del Museo della Città): “Che il sindaco [Ravaioli, ndr] non fosse animato da sentimenti artistici è noto. Una, il Tiberio, la collocherei dove c’è l’anfiteatro che è stato restaurato decorosamente. La statua diventerebbe un punto di riferimento ed un segno visibile. L’altra, Augusto, è un po’ più complicata, ma la metterei nei pressi dell’Arco, che è un po’ solo lì in mezzo. Troverei le sistemazioni apprezzabili; sono copie, non sono invenzioni. Altri posti a Rimini non ce ne sono”.
Chi scrive racconta la strana storia delle due sculture fuse con la tecnica a cera persa, quella dei greci, dei romani, del Rinascimento, a Luca, professione giornalista. “Dovessi decidere io – argomenta il milanese – li metterei nei pressi di quello che è oggi la porta della città: la stazione. Sarebbe un pregevole biglietto da visita e potrebbe essere anche l’inizio di un racconto sulla storia romana di Rimini. Inoltre, chissà quante foto dai turisti e si darebbe dignità anche alla zona della stazione, non proprio un’oasi”.
Rimini ha un progetto per le due opere? Massimo Pulini, assessore alla Cultura del Comune, storico dell’arte: “Abbiamo un progetto per tutt’e due le statue. Non è colpa nostra non averle collocate; le aspettative di Valducci di vederle vicino all’Arco e al Ponte di Tiberio sono state scartate dalla Sovrintendenza per ragioni filologiche. Niente falsi storici. Dopo aver finito la nuova recinzione dell’anfiteatro romano, è nostra intenzione posizionare Augusto lì; col consenso del donatore. Quella di Tiberio invece la vorremmo mettere all’ingresso della chiesolina sconsacrata di Santa Maria ad Nives, che fino a pochi tempo fa era l’aula consiliare della Provincia. Quest’aula dovrebbe diventare un punto di informazione della Rimini romana, grazie a fondi comunitari. Abbiamo avviato la comunicazione alla Sovrintendenza ed aspettiamo le risposte. Vorrei ricordare che i siti sono dello Stato in gestione al Comune. Stiamo cercando nei nostri magazzini materiali autentici per il basamento. Insomma, prima di presentarci a Valducci vogliamo la risposta della Sovrintendenza”. A chi gli chiede il valore artistico delle statue, risponde: “Le ho viste sdraiate. Sono di qualità diversa; una è migliore dell’altra”.