Addio a Gianfranco Tonti: grande persona, grande imprenditore. Se n’è andato dopo una breve malattia nella notte del 26 aprile. Aveva 79 anni, lascia la moglie e cinque figli.
Aveva fatto di una signora azienda, la Ifi (Industria frigoriferi italiana) di Tavullia, un gioiello di livello mondiale. E’ leader nella produzione di banchi bar, vetrine gelato e sedie per la ristorazione (made in Pesaro le famose e tipiche sedie intrecciate di piazza San Marco a Venezia). Per la progettazione incaricava grandi designer. Qualche nome: Michelino Provinciali (due Compassi d’oro, nonché pesarese di adozione), l’italo-giapponese Makio Hasuike, l’italo-francese Marc Sadler. Aveva portato a Pesaro, Gianfranco Tonti, l’eccellenza mondiale del design, con i quali aveva vinto un paio di Compassi d’oro (il Nobel del design). Amava dire: “La competizione si vince soltanto con la qualità, l’innovazione e spesso non basta”. Durante la presentazione di due loro progetti, Hasuike e Sadler, dissero: “Noi abbiamo fatto del nostro meglio, speriamo che il nostri prodotti possano essere accolti dal mercato”. Quando raccontava della filosofia di fare impresa, Tonti metteva avanti le difficoltà, la prudenza e l’innovazione: “E’ difficilissimo farcela. E’ difficilissimo stare sui mercati. Se noi non avessimo affiancato alla produzione die banchi bar le vetrine gelato forse non saremmo qui”.
In una intervista racconta: “Io mi chiedo che cosa fare per continuare a produrre in Italia? Nella domanda però ci sta il riconoscimento del valore delle nazioni emergenti, Cina, India, Brasile. Noi non possiamo che puntare sulle eccellenze. Dobbiamo creare brevetti, utilizzando il meglio del Paese, designer, università, capacità artigianali, fornitori che lavorano con la stessa passione e stesso impegno”.
“Noi – continua Tonti – cerchiamo di contaminare coloro i quali ogni giorno condividono i nostri valori: la qualità e la serietà verso l’interno e l’esterno dell’impresa. Siamo tutti nella stessa barca e abbiamo il dovere di remare nella stessa direzione”. Quando lo si incontrava e chiedevi come va l’Ifi, rispondeva: “Benino”. Tradotto: va benissimo.
“Noi – continua Tonti – cerchiamo di contaminare coloro i quali ogni giorno condividono i nostri valori: la qualità e la serietà verso l’interno e l’esterno dell’impresa. Siamo tutti nella stessa barca e abbiamo il dovere di remare nella stessa direzione”. Quando lo si incontrava e chiedevi come va l’Ifi, rispondeva: “Benino”. Tradotto: va benissimo.
Negli anni il Gruppo Ifi cresceva ed acquisiva altri marchi, come Rossi Dimension (sempre di Pesaro, sempre banchi-bar). Da anni Ifi Industrie ha comprato una decina di ettari di terra per costruire e riunire in un unico stabilimento l’arcipelago delle aziende, ma tale progetto è sempre rimasto nel cassetto; troppo rischioso affrontare l’investimento per la filosofia e prudenza. Un altro dei suoi valori che amava ripetere è: “Azienda ricca e proprietà povera”. Cioè tolto lo stipendio, gli utili devono essere reinvestiti nella bottega per farla crescere. Niente lussi, insomma.
Un altro dei suoi impegni era il sociale, a 350 gradi. Tonti aveva dato la possibilità ai figli dei dipendenti di fare la stagione in azienda; così lo studente vedeva il lavoro del genitore e si avvicinava al mondo del fare impresa. I ragazzi venivano pagati benissimo.
La Ifi aveva regalato al Comune di Pesaro un tratto di ciclabile lungo il Foglia, anche per onorare la figura di Umberto Cardinali, “fondatore” dell’Ifi, autore di un paio di Giri d’Italia da isolato e raffinata sensibilità imprenditoriale intrecciato all’etica del lavoro. Per amore cittadino era stato assessore al Bilancio di Cattolica. Rotariano del club Riccione-Cattolica, ne era stato anche il presidente negli anni ’90.
Aveva una miriade di passioni. Due su tutte forse: il tennis e la campagna. Amava fare l’orto e serbava un grande rispetto per madre natura. Quando decenni fa costruisce la casa nella terra di famiglia a Cattolica, si trova un piccolo grande problema; da secoli ci sono due gelsi, piante-simbolo della civiltà contadina romagnola. Che cosa fa Tonti? Costruisce l’abitazione “attorno” ai due colossi centenari; le grandi vetrate sembrava quasi farli entrare in casa.
Nato a Cattolica, figlio di ortolani, tutta la sua carriera lavorativa è legata all’Ifi. Ci entra poco più che ragazzo dopo il diploma in ragioneria come magazziniere nel 1967. Da lì, mano mano, ricopre tutti i ruoli (contabilità, amministrazione, finanza e acquisti, prima di essere nominato responsabile vendite): dal 1984 il vertice.
Marchigiano ad honorem, nel 2011, assume la presidenza dell’Adi (Associazione per il Disegno industriale), delegazione Marche, Abruzzo e Molise. E ne era molto fiero, soprattutto quando andava a raccontare come fare impresa ai giovani. Nello stesso anno viene nominato marchigiano ad honorem per aver contribuito con il proprio operato alla crescita del genius loci marchigiano.
Alessandra Baronciani, presidente di Confindustria Pesaro Urbino: «La morte di Gianfranco Tonti lascia un grande vuoto nel mondo imprenditoriale italiano e internazionale. Lo ricordiamo non solo per le sue capacità manageriali e la sua spinta a portare il design e la manifattura italiana nel mondo, ma soprattutto perché è stato un uomo sempre disponibile e aperto al confronto con tutti. Esprimo a nome mio personale, della struttura di Confindustria Pesaro Urbino le condoglianze alla famiglia Tonti e alle maestranze di IFI».
Andrea Baroni, direttore di Confindustria Pesaro Urbino, che lo ha avuto anche come presidente del Consorzio Energia Adriatica: «Equilibrato e costruttivo, disponibile all’ascolto, sempre con ampi orizzonti sia industriali, sia finanziari. Perdiamo una preziosa figura di riferimento».
Lunedì, alle 11, i funerali a Cattolica.
Caro Gianfranco, che la terra le sia lieve.