Rimini Sigismondo d’oro 2024: consegnati all’Istituto Maccolini e a Mario Guaraldi la massima onorificenza cittadina durante il saluto di fine anno del sindaco Jamil Sadegholvaad.
L’Istituto Maccolini è la storica residenza per anziani nel cuore della città che da 124 anni opera al servizio degli altri e alla cura delle persone più fragili. Mario Guaraldi è il pioniere dell’editoria riminese.
Al termine dell’intervento di saluto di fine anno, la vicesindaca Chiara Bellini ha preso la parola per dare lettura della biografia e della motivazione del Sigismondo d’oro conferito a Mario Guaraldi e ricevuto da Maria Perchiazzi Guaraldi che ha fatto le veci del marito.
Dopo il discorso di ringraziamento di Maria Perchiazzi Guaraldi, la presidente del consiglio comunale Giulia Corazzi ha introdotto la seconda assegnazione del riconoscimento, leggendo la lunga storia biografica dell’Istituto Maccolini nato il 15 ottobre 1900 grazie alla Signorina Anna Maccolini che decise di dedicare la sua vita alle “povere vecchie abbandonate”. Terminata la lettura, la Superiora Provinciale d’Italia delle Suore di Carità di Maria Bambina, Suor Caterina Bonalda, ha ricevuto l’onorificenza e ha preso la parola per il suo discorso di ringraziamento.
L’intervento del sindaco di Rimini:
Buonasera a tutti e benvenuti.
Credo sia doveroso da parte di tutti noi rivolgere subito un ringraziamento alle nostre concittadine, ai nostri concittadini, alle associazioni a cui, da 30 anni a questa parte, la nostra comunità riconosce attraverso il conferimento del Sigismondo d’Oro un premio alla carriera. Ma non solo.
Nell’atto di giunta che, il 10 ottobre 1994, lo istituì è scritto che il Sigismondo d’Oro viene attribuito ogni anno, come ‘segno di gratitudine e stima’, a quei riminesi che ‘abbiano onorato con la propria attività la Città di Rimini’. I primi furono Claudio Maria Celli e Pietro Arpesella. Prima di arrivare a Mario Guaraldi e all’Istituto Maccolini, che celebriamo questa sera, se ne sono succeduti altri 61. Donne, uomini, ragazze e ragazzi, associazioni, che in qualche modo, e in maniera differente, hanno raccontato la Storia a partire dal cuore. Il cuore di Rimini. Quel cuore grandissimo, enorme, generoso, che – quasi per pudore dei sentimenti – resta sempre un po’ indietro e di lato nelle foto della Rimini dalle mille luci e dalle altrettante contraddizioni. Raccontava Tonino Guerra che il giorno in cui tornò a casa dalla guerra, una guerra in cui prima lo avevano dato per disperso e poi per morto in Germania, incontrò il padre sulla porta. L’anziano, nascondendosi il viso nel bavero della giacca per non fare vedere le lacrime, gli disse solo: ‘In tavola c’è qualcosa da mangiare’. Nient’altro, senza un abbraccio o una parola memorabile. Ma dietro quella frase così semplice e così lontana da ogni comprensibile slancio verbale di commozione, c’è quel mondo schivo ma dal cuore colossale della Rimini che è, e non solo appare.
Vi invito a sfogliare l’album di famiglia del Sigismondo d’Oro. Troverete persone dall’esistenza e dal percorso professionale tanto differente perché non c’è un modo solo per fare bene e per fare il bene. Storie di vittorie fantastiche e di lavoro oscuro, di grandi ribalte e di direzioni solitarie e contrarie. Episodi commoventi e qualcuno buffo: il premio che scivola dalle mani di un emozionato Guido Nozzoli, il ringraziamento infinito di Liliano Faenza, Eron che delega a ricevere il riconoscimento al venditore ambulante Mamadouk.
Tanti aneddoti, molte più emozioni. Ma da questa galleria di volti e racconti riminesi così disomogenei, quella che emerge unitaria è una lezione: scegliamo ogni giorno chi vogliamo essere.
Se fosse possibile riascoltare in rapida sequenza gli interventi dei Sigismondo d’Oro nell’arco dei trent’anni colpirebbe come ognuno di sé sottolinei ciò che c’è ancora da fare. Quasi che il riconoscimento assegnato dalla propria città sia una promessa di futuro, che prescinde dall’età anagrafica, piuttosto che un premio alla carriera, a un grande avvenire che è già dietro alle spalle. Una prospettiva e non una conclusione insomma.
Se ci pensiamo bene, è l’invito spontaneo a non fermarsi mai, a non considerare il traguardo il compimento, la vittoria, la perfezione. Semmai è il cammino quello che conta; quel tragitto che passa anche da soste improvvise, errori di percorso, cambi repentini di direzione. Sbagli. Occasioni perdute. E di occasioni perdute si discute anche a Rimini. Quello che poteva essere e non è stato. Quello che manca. È il pendolo che oscilla per ogni provincia d’Italia: da una parte lamentato complesso di inferiorità e dall’altra certezza di superiorità assoluta.
Julio Velasco, allenatore della squadra italiana di volley femminile, prima della finale olimpica di pochi mesi fa, spiegava ai giornalisti: la medaglia d’oro che manca? Basta! Non si deve guardare sempre a quello che manca. È una cultura, l’erba del vicino è sempre più verde, è una filosofia di vita che non va’.
La Rimini che esattamente 30 anni fa salutava i primi Sigismondo d’Oro era molto diversa da quella di oggi. Non solo nei luoghi trasformati o rigenerati. Allora, lo ricorderete, si era a un bivio. Abbiamo scelto una strada precisa che ha cambiato in silenzio anche la percezione di noi che sin lì avevamo offerto al mondo. Un’industria primaria come il turismo, prettamente stagionale, è stata virata a comparto a lavorazione permanente.
L’abbiamo chiamata destagionalizzazione e oggi vale circa un terzo del bilancio turistico annuale di Rimini, oltre 2 milioni di pernottamenti in mesi che valevano zero o quasi in termini di ospitalità.
Legittimo ragionare di quello che non c’è, la discussione e il confronto di idee sono il sale. Ma non sarebbe più utile considerare le mancanze come nuove tappe di un cammino che prosegue, piuttosto che la prova provata che non siamo nessuno e che il meglio è irrimediabilmente confinato nel passato?
C’è un mondo in cambiamento frenetico che ci restituisce nella stessa misura nuove opportunità e inediti problemi. La contraddizione è la cifra moderna: crediamo a tutto ma non abbiamo fiducia in niente. E sono contraddittorie anche le città in cui viviamo: la Rimini prima nel Paese per presenze turistiche, capitale indiscussa dell’ospitalità, convive con la città che, proprio in virtù della sua eccezionale attrattività dovuta a bellezza, storia e servizi, vuole 134 mensilità di stipendio medio per l’acquisto di un bilocale. Una incoerenza in cui si dibattono tante città, ad ogni latitudine. È evidente come questa discrasia rischi di modificare la forma e l’identità stessa delle città, gentrificandole e ‘periferizzando’ intere fasce di popolazione dalle ridotte possibilità economiche.
Davanti a temi come questo che facciamo? Restiamo immobili a rimpiangere il passato? No. Cerchiamo di governare il cambiamento, continuando a cambiare progressivamente noi stessi. La chiave è la concretezza, perché è la concretezza a mettersi al servizio della società, al contrario dell’ideologia. La pianificazione strategica ci consente di programmare di qui ai prossimi 3 anni molti degli interventi che completeranno la trasformazione di Rimini da città balneare a capitale permanente dell’ospitalità.
L’obiettivo non si misura solo in termini di consolidamento delle posizioni di mercato o di benessere diffuso. Un turismo sempre più orientato a esaudire una domanda annuale porta con sé la riorganizzazione gestionale delle strutture ricettive che a sua volta produce effetti positivi sull’assorbimento della precarizzazione e della stagionalità dell’occupazione.
Ed è evidente poi come una maggiore sicurezza economica dei lavoratori sia condizione fondamentale per costruire progetti di vita più solidi e duraturi, qui in città.
Vogliamo che i giovani, le famiglie, i figli, magari dopo aver fatto esperienze di studio e di lavoro all’estero, restino e vivano a Rimini.
Vogliamo che l’Università, con i suoi studenti provenienti da tutti i Continenti, sia un corpo incluso e non estraneo alla nostra comunità.
La casa è un elemento centrale di questi desideri. Non ci sono soluzioni definitive e uniche: di fatto, in completa assenza di un programma straordinario governativo di costruzione di nuova edilizia popolare, ogni città affronta l’emergenza abitativa autonomamente.
Il Comune di Rimini, oltre ai progetti già in corso e quelli avanzati per un finanziamento statale, è disposto a percorrere ogni forma amministrativa, anche sperimentale, per aggredire il problema.
Oggi e nei prossimi anni dobbiamo cercare di tenere ambo i lembi della coperta, la città dei residenti e quella degli ospiti possono e devono stare nella stessa visione.
Sul turismo le preoccupazioni in prospettiva sono reali: i dati attuali dell’economia italiana indicano una paurosa stagnazione di produttività industriale e retribuzioni. Secondo gli ultimi dati Eurostat, il reddito familiare lordo disponibile in Italia è diminuito nel 2023 portandosi al 94 per cento del valore del 2008, contro una media europea a 111,1 per cento, fatto appunto 100 il livello del 2008.
Siamo più poveri rispetto a 15 anni fa e quando i tuoi soldi ‘pesano’ meno e si devono confrontare con inflazione e aumento dei costi dell’energia riduci e tagli i consumi. E la vacanza è un bene di consumo. Rimini chiuderà il 2024 turistico con una crescita intorno al 4 per cento di arrivi e pernottamenti: un risultato positivo dovuto al crescente richiamo della città nei confronti dei mercati esteri.
Nel breve e medio periodo questa prospettiva non cambierà: difficoltà del turismo italiano e incremento di quello straniero. Con la qualità dei servizi, dell’accessibilità, dell’esperienza complessiva ‘vacanza’ possiamo garantirci un futuro solido, in un panorama nazionale probabilmente più complesso. Anche in questo caso l’obiettivo chiama la collaborazione più estesa tra istituzioni e operatori turistici. Nessuno si salva da solo.
Vedete? Siamo qui stasera ancora una volta a parlare di presente e futuro di Rimini. Sapendo di avere dalla nostra parte una grande storia comune, di sofferenza e riscatto, di gloria e dolore.
Il Sigismondo d’Oro è questo, da trent’anni. E lo è adesso, davanti alla doppia, incredibile, vicenda umana e professionale dentro la città, dell’Istituto Maccolini e di Mario Guaraldi.
La storia di un istituto religioso che, da 124 anni, accoglie, accudisce, protegge, cura i nostri anziani. La fede che si fa pratica quotidiana di altruismo, dedizione, competenza a supporto dei più fragili, un patrimonio che la comunità non può disperdere. Il percorso di Mario Guaraldi è completamente differente, in apparenza. Salutiamo Mario che ci sta guardando e gli diciamo ‘grazie’. Grazie per la sua autonomia intellettuale, grazie per avere aiutato l’industria culturale italiana a migliorare e crescere partendo da una posizione indipendente e non dall’establishment. E grazie per non avere mai derogato un attimo dalla necessità della critica, anche dura, anche scorbutica, ma sempre curiosa, informata, stimolante. La crescita di una città o di una società passa da un confronto libero di idee e il rifiuto, la censura, in qualsiasi ambito sono forme violente di una intolleranza che non ha cittadinanza a Rimini.
Voglio ringraziare il consiglio comunale, le istituzioni, i lavoratori, gli imprenditori, le famiglie, i giovani, tutti i riminesi che hanno consentito alla città di non fermarsi e continuare a essere ‘l’imperfetta meraviglia’ di sempre.
Ringrazio le forze dell’ordine, per il lavoro che svolgono a servizio di tutto il territorio.
Ringrazio tutte le autorità civiche e religiose per avere operato anche nel 2024 affinché non venisse mai meno il senso di comunità.
Ricordo a nome di tutta Rimini le persone e i cari che ci hanno lasciato durante l’arco dell’anno. Non li dimentichiamo. Continuiamo a tenerli in quella parte del nostro cuore, e del grande cuore di Rimini, che a volte ci commuove improvvisamente. Come quel padre, tanti anni fa, che accolse il proprio figlio, creduto morto, dicendogli solamente ‘In tavola c’è qualcosa da mangiare’. Anche questi siamo noi, anche questa è Rimini.
Grazie e buone feste.
Sigismondo d’oro 2024: le motivazioni del conferimento dell’onorificenza
Mario Guaraldi
Per avere rappresentato, in oltre cinquant’anni di attività, una figura pionieristica nel panorama dell’editoria italiana indipendente, valorizzando autori e tematiche alternative che sono state di enorme stimolo per la crescita culturale del Paese;
Per non avere mai perduto la fiducia nella necessità della voce critica, laica e non condiscendente al potere, considerata elemento imprescindibile nell’economia di un dibattito culturale e sociale improntato al confronto libero e democratico delle idee;
Per avere valorizzato uomini e fatti della storia e della cronaca di Rimini attraverso inedite e sofisticate pubblicazioni, capaci di inserire l’opera nel migliore contesto critico per una lettura che andasse oltre il presente.
Istituto Maccolini
Per avere costantemente rappresentato, nei suoi centoventiquattro anni di storia riminese, quel modello di carità e assistenza che, alimentato dalla fede, offre quotidiano aiuto e sostegno alle persone più deboli e fragili;
Per non avere mai mancato al proprio ruolo di punto di riferimento concreto nella difficoltà più estrema, soprattutto nei momenti in cui la storia, a Rimini e nel mondo, si tramutava in tragedia, dolore, dramma, sofferenza collettiva;
Per avere mantenuto e valorizzato la straordinaria eredità materiale e morale di Anna Maccolini, vera benefattrice della nostra città, con il continuo aggiornarsi, rinnovarsi e ampliarsi dell’Istituto che dimostra come la solidarietà e l’altruismo siano ancora oggi il fondamento della comunità riminese.
Mario Guaraldi
Mario Guaraldi nasce a Rimini il 26 settembre 1941.
Ha cinque figli. È sposato con Maria Perchiazzi con la quale dal 1978 condivide la vita privata e professionale.
Comincia a fare l’editore a diciotto anni con un libricino di racconti, Non più leggenda, dedicato alla Resistenza, e da allora non ha più smesso.
Nel 1968 dirige a Milano il Giornale della Libreria e dal 1969 è all’Ufficio Stampa della Sansoni di Firenze.
Nel 1971 fonda a Bologna la casa editrice Guaraldi.
La Guaraldi dopo breve tempo si trasferisce a Firenze, dove si circonda di giovani ricercatori, tra i quali Valentino Baldacci, Giovanni Bechelloni e Mario Caciagli. La sede legale rimane sempre a Rimini.
Tra le tante pubblicazioni di quegli anni, di grande rilevanza, non ci sarebbe che l’imbarazzo della scelta, basta pensare a: i Cani sciolti di Renzo Paris, Tecniche dell’inganno di Giuseppe Bonura e Compagno padrone di Laura Grasso, Banditi a Orgosolo di Franco Cagnetta, con una introduzione di Alberto Moravia, Radio e televisione di Furio Colombo, Linguaggio, scuola e società di Tullio De Mauro e Sergio Moravia.
Nel 1974 Mario Guaraldi organizza a Rimini un convegno titolato Per una editoria democratica al quale partecipa anche il futuro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Il risultato più innovativo e nello stesso tempo più duraturo della Guaraldi degli anni Settanta è il contributo a veicolare le scienze umane dentro un contesto culturale ed editoriali come quello italiano che era ancora dominato dall’egemonia dello storicismo. La Guaraldi, con la collana La sfinge introduce i testi di Sandor Ferenczi, di Ernest Jones e di molti altri freudiani della prima e della seconda generazione, in traduzioni rigorose. Guaraldi pubblica la prima traduzione di Pierre Bourdieu e importanti testi di sociologia, di antropologia culturale e, soprattutto, di pedagogia, con la collana Le frontiere dell’educazione.
La battaglia culturale della prima Guaraldi dura appena otto anni e nel 1979 la casa editrice è obbligata a passare di mano a una lira simbolica.
Mario Guaraldi nei primi anni Ottanta si trasferisce a Genova dove dirige parte del marketing Mira Lanza e rilancia le figurine dell’olandesina.
Fonda “art planning” – la prima casa editrice di spettacoli, produce e fa circolare, assieme alla moglie Maria, grandi spettacoli di balletto contemporaneo. Per due anni dirige anche gli spettacoli del Meeting di Rimini.
Polemista per natura, si picca di essere anche giornalista, impresario teatrale, organizzatore di festival e contadino nella sua campagna.
Nel 1991 dà vita a Rimini a una nuova casa editrice, sempre col nome di Guaraldi e a partire dal 1996 imbocca l’avventura del web, immettendo il proprio catalogo in rete e sperimentando le prime tecniche
di Print on demand sviluppate e approfondite poi negli anni successivi anche a livello di Consiglio d’Europa.
Nel luglio 2000 Mario Guaraldi cede la maggioranza della casa editrice al gruppo Logos di Modena in vista di una entrata in borsa che poi non avverrà; cessa quasi completamente l’attività di stampa cartacea e si occupa attivamente di incrementare la biblioteca digitale on-line del gruppo in 113 lingue.
Nel giugno 2002 una cordata di imprenditori riminesi riacquista la maggioranza e riporta la casa editrice a Rimini. Inizia la stagione dei grandi libri: La mia Rimini di Federico Fellini, il DE Re Militari di Roberto Valturio.
Nel 2003 l’editore Mario Guaraldi contribuisce a far nascere il primo Master in editoria e fino al 2005 è chiamato a insegnare editoria libraria al Corso di Laurea in Giornalismo della Facoltà di Sociologia di Urbino. E’ poi docente al Corso di Laurea in Giornalismo all’Università di Parma dove pubblica con e per i suoi studenti una serie di ricerche sul mondo del libro. Le sue lezioni sono raccolte nel volumetto Radici di carta frutti digitali.
L’11 novembre 2020 aderisce al progetto “Ok, Rimini con una diretta Facebook in cui racconta la sua visione futura dell’editoria per la città.
Istituto Maccolini
La Congregazione delle Suore di Carità delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa dette di Maria BAMBINA nasce il 21 Novembre 1832 a Lovere.
Le suore si occupano fin da subito dei poveri e dei malati accudendoli e prestando loro cure ed educazione.
Da allora la Congregazione si sviluppa in quattro continenti e oggi annovera circa 3000 religiose.
L’Istituto Maccolini nasce il 15 Ottobre 1900 grazie alla Signorina Anna Maccolini che decide di dedicare la sua vita alle “povere vecchie abbandonate” . Dice infatti nelle sue memorie: “la nostra città, così ricca di benefiche istituzioni che provvedono alle varie classi di bisognosi, infermi, orfani, pericolanti è priva di un ricovero per le vecchie…”
Con queste parole Anna Maccolini si unì ad altre dame di carità e creò il primo nucleo di assistenza. L’incontro di Anna Maccolini con le Suore di Maria Bambina avvenne nel 1902 dove Anna chiese alla madre generale, Suor Angela Ghezzi, un aiuto per portare avanti la Missione.
Nel 1905 la Madre Generale dell’Istituto permise che una suora della comunità del Seminario si recasse a visitare e confortare le “povere vecchie sole e abbandonate” ospiti del Ricovero. Nel 1909, poiché il Ricovero necessitava di una vigilanza assidua e un’assistenza completa, venne costituita una nuova comunità di religiose totalmente ed esclusivamente dedita alle ‘povere vecchie’.
Anna Maccolini condivise con le ricoverate la sua vita, ne fu la Direttrice per oltre un trentennio, dando all’opera caritativa, oltre i suoi averi, tutto il suo essere.
Alla morte di Anna Maccolini, nel 1939, la direzione e amministrazione dell’opera furono cedute all’Istituto delle Suore di Carità delle Sante Capitanio e Gerosa.
Durante i primi del 1900 tante furono le prove che l’Istituto dovette affrontare.
Nel 1916, fra marzo e settembre, una grave epidemia e il terremoto colpiscono Rimini: le suore continuano anche in queste avversità ad assistere le povere anziane.
Memorabile fu l’eroismo delle suore nel periodo bellico e post bellico della prima e seconda guerra mondiale.
Infatti, durante la prima guerra mondiale, Rimini si apre all’accoglienza dei profughi di Caporetto. La casa di via Cavalieri offre rifugio alle Suore in fuga dal Veneto e alle ragazze profughe. Il 28 dicembre del 1943 l’Istituto Maccolini viene parzialmente distrutto dai bombardamenti ma le suore ancora una volta non abbandonano Rimini e dopo un breve periodo di sfollamento nelle case di Lodi, con il supporto del Comitato di Liberazione Nazionale, ottengono un aiuto per tornare alla loro casa di Via D’Azeglio a Rimini.
Da lì parte la ricostruzione e i vari ampliamenti che ne determineranno l’attuale assetto.
Da allora la Casa di Riposo Maccolini è divenuta un punto di riferimento e di eccellenza per la Città di Rimini, ospita 156 anziani e una comunità religiosa che insieme al personale sanitario (circa 120 operatori tra Oss, Infermieri, Fisioterapisti, medici) si occupa con lo stesso spirito di servizio della fondatrice al benessere dei propri ospiti.