Di Alessandro Bovicelli, ricercatore di Ginecologia oncologica all’Università di Bologna
Laura Santi, 50 anni era affetta da una forma grave e progressiva di sclerosi multipla che le provocava sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili. In Italia il suicidio assistito resta formalmente un reato che la Corte Costituzionale ha dichiarato non punibile solo in casi eccezionali tra cui appunto sofferenze intollerabili, patologia irreversibile e dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Laura Santi, ci ha tenuto a precisare di avere molto amato la vita, ma che la sua non poteva più definirsi vita. Si è auto-somministrata il farmaco letale con la volontà di non aggiungere dolore al dolore anche per il marito che è rimasto al suo fianco fino all’ultimo. Nella lettera di commiato non ha però risparmiato critiche alla politica definita incompetente e al Vaticano con un’ingerenza cronica. A questo punto si apre un dibattito etico enorme, ma non si può non riconoscere di fronte a situazioni di dolore estremo la necessità di mettere in atto una scelta libera che ponga fine a una non vita.