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Papa Francesco ha pubblicato l’Esortazione Apostolica  ”Evangelii gaudium”  ovvero  “ La gioia del Vangelo” o anche “La gioia di evangelizzare”.

Redazione di Redazione
23 Aprile 2025
in Focus, Regione Emilia Romagna
Tempo di lettura : 12 minuti necessari
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Papa Bergogio con Nicolò Anselmi

Papa Bergogio con Nicolò Anselmi

di Gianfranco Vanzini

 

EVANGELII  GAUDIUM

(La gioia del Vangelo)

 

Il 24 novembre 2013  Papa Francesco ha pubblicato l’Esortazione Apostolica  ”Evangelii gaudium”  ovvero  “ La gioia del Vangelo” o anche “La gioia di evangelizzare”.

 

Cosa vuole dirci con  questa sua esortazione?

Il Papa  tratta diversi  temi, ma  lo scopo principale del documento è quello di trasmettere un messaggio molto semplice e chiaro:

il Vangelo è gioia e dà gioia.

  “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù.

Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’ isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani  per invitarli a una nuova tappa  evangelizzatrice  marcata da questa gioia e indicare le vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni.”

 

Il  Papa parte da una constatazione che è sotto gli occhi di tutti, almeno di tutti quelli che vogliono vedere,  perché non sono accecati da ideologie o da preconcetti.

“Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo, è quello di  una  tristezza individualista… Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta  più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene.

Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente… Molti vi cadono e si trasformano in persone  risentite, scontente, senza vita.”

 

Ed ecco il primo invito che Papa Francesco  rivolge a tutti.

“Invito ogni cristiano in qualsiasi  luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno,  a prendere  la decisione di lasciarsi  incontrare da Lui,  perché nessuno è escluso dalla  gioia portata dal Signore.”

 

Nel  Vangelo c’è un  costante invito  alla gioia.

Inizia, infatti,  con “ Rallegrati”,  il saluto dell’angelo a Maria e Maria risponde: “ Il mio Spirito esulta in Dio mio Salvatore”.

Prosegue con  Giovanni Battista, che  sulle rive del Giordano, quando incontra Gesù all’inizio del suo ministero, esclama:” Ora questa mia gioia è piena.”.

Ancora, tutto il messaggio di Gesù è fonte di gioia: ” Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.”

Il libro degli Atti degli Apostoli narra che:”Dove i discepoli passavano vi fu grande gioia, ed essi, in mezzo alla persecuzione erano pieni di gioia”.

 

Purtroppo, dice  Papa Francesco: “ Ci sono cristiani che sembrano  avere uno stile di Quaresima senza Pasqua, capisco le persone che inclinano alla tristezza  per  le gravi difficoltà che devono patire però, poco alla volta,  bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia anche in mezzo alle peggiori cose…La tentazione appare frequentemente  sotto forma di scuse e recriminazioni, come  se dovessero esserci innumerevoli condizioni perché sia possibile la gioia…  Questo accade perché la società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni  di piacere, ma essa difficilmente  riesce a procurare la gioia..

 

Mi piace concludere questa prima puntata con la citazione  che Papa Francesco fa di una affermazione di papa Benedetto  XVI: ”All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un Avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e , con ciò, la direzione decisiva”.  E  continua con un invito e un auspicio: “ Possa il mondo del nostro tempo che cerca – ora nell’angoscia, ora nella speranza – ricevere la buona novella  non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo.”

(Continua)

 

 

 

(2)  “ Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli “ (Mt 28,19-20)

 

La volta scorsa abbiamo concluso riprendendo l’invito che i nostri Pastori ci rivolgono di “evangelizzare con gioia” con la consapevolezza che è Gesù il primo e il più grande evangelizzatore.

Vediamo insieme  le ulteriori riflessioni che Papa Francesco ci invita a compiere.

“ Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione».”

Evangelizzare  significa  obbedire al mandato missionario di Gesù: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20).

Questi versetti  ricordano il momento in cui il Risorto invia i suoi in missione, cioè a predicare il Vangelo in ogni tempo e in ogni luogo, in modo che la fede in Lui si diffonda in ogni angolo della terra. “Missione  che deve essere svolta con gioia…”. Quella  gioia del Vangelo che sperimentano e vivono i settantadue discepoli, “che tornano dalla missione pieni di gioia”

( Lc 10,17). “Questa gioia è un segno che il Vangelo è stato annunciato e sta dando frutto”.

“ Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno.”

 

Fra le varie istituzioni ecclesiali  che si occupano della evangelizzazione il Papa sottolinea l’importanza della Parrocchia.

“ La parrocchia – dice  –  è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione.”

“ Le altre istituzioni ecclesiali, comunità di base e piccole comunità, movimenti e altre forme di associazione, sono una ricchezza della Chiesa che lo Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e settori.  Ma è molto salutare che non perdano il contatto con la  realtà tanto ricca della parrocchia del luogo, e che si integrino con piacere nella pastorale organica della Chiesa particolare. Questa integrazione eviterà che rimangano solo con una parte del Vangelo e della Chiesa, o che si trasformino in nomadi senza radici.”

Poiché:  “ Intendiamo porre tutto in chiave missionaria, questo vale anche per il modo di comunicare il messaggio. Nel mondo di oggi, con la velocità delle comunicazioni e la selezione interessata dei contenuti operata dai media, il messaggio che annunciamo corre più che mai il rischio di apparire mutilato e ridotto ad alcuni suoi aspetti secondari.”

“ E’ necessario pertanto che si presti una grande attenzione per cercare di esprimere e di spiegare le verità di sempre con un linguaggio che  consenta anche di riconoscere la sua permanente novità.”

IL Vangelo è sempre lo stesso ma è anche sempre nuovo e attuale.

Ricordava, infatti,  Giovanni Paolo II:  “che l’espressione della verità può essere multiforme ma deve trasmettere all’uomo  di oggi il messaggio evangelico nel suo immutabile significato.”

E’ evidente a questo punto che per potere incontrare il Popolo di Dio e compiere il suo compito di evangelizzatrice : “ La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre.

Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa.”

La prima volta che ho letto questa frase mi è venuto spontaneo pensare a quante nostre chiese durante il giorno sono chiuse. A qualche parroco ho chiesto il  perché di queste chiusure. La risposta più frequente è stata che sono aumentati i furti, soprattutto nelle cassette delle elemosine.

Mi sembrerebbe molto bello  accogliere l’invito del Papa e cercare di tenere aperte le porte delle nostre Chiese. Non possiamo arrenderci di fronte ai ladri. Facciamo  tutti insieme  uno sforzo di fantasia per evitare di  lasciare  Nostro Signore chiuso da solo in Chiese deserte.

 

Continua)

 

(3)       Le sfide attuali e la legge dell’amore

 

 

L’umanità attualmente sta attraversando un momento particolare. Accanto alle scoperte e ai successi che contribuiscono al benessere delle persone, troviamo l’aumento preoccupante di gravi patologie.  La paura, l’insicurezza e la disperazione si impadroniscono del cuore di molte persone, la gioia di vivere frequentemente si spegne. Crescono  la mancanza di rispetto e la violenza. Da una parte si getta il cibo nei rifiuti, da un’altra parte c’è gente che soffre la fame.

“La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano.”

Questo squilibrio proviene da opposte ideologie: quelle  che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria e quelle che riducono l’uomo a mero esecutore di leggi e disposizioni piovute dall’alto. Non la legge per l’uomo, ma l’uomo per la legge.

Dietro questi atteggiamenti si nascondono il rifiuto dell’etica e il rifiuto di Dio. All’etica si guarda  sempre più  con un certo disprezzo beffardo. La si considera controproducente, troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere,  perché dice che: “Il denaro deve servire e non governare.”

 

In questo contesto  “il processo di secolarizzazione tende a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato e intimo,  con la negazione di ogni trascendenza, ha prodotto una crescente deformazione etica, un indebolimento del senso del peccato personale e sociale e un progressivo aumento del relativismo, che danno luogo ad un disorientamento generalizzato.”

Infatti, mentre la Chiesa insiste sull’esistenza di norme morali oggettive, valide per tutti, ci sono coloro che presentano questo insegnamento, come ingiusto, e spingono verso una crescente  forma di relativismo morale.

Anche la cultura mediatica e qualche ambiente intellettuale, troppo spesso  trasmettono una marcata sfiducia nei confronti del messaggio della Chiesa.

Il Papa  allora ricorda ai cristiani che, essendo  chiamati ad illuminare e a comunicare vita e gioia  non si devono lasciare affascinare da discorsi, teorie o suggestioni  che generano solamente oscurità e stanchezza interiore.  Devono, invece,  trasmettere a tutti che: “La gioia del Vangelo è quella che niente e nessuno ci potrà mai togliere”

I guai e i problemi del nostro mondo – e quelli della Chiesa – non devono  essere scuse per ridurre il nostro impegno e il nostro fervore, ma devono essere considerati come sfide per crescere.

La sintesi del suo invito è:

..non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione

..non lasciamoci rubare l’entusiasmo della missione.

“Le sfide esistono per essere superate. Siate realisti, ma senza perdere l’allegria, l’audacia e la dedizione piena di speranza.”

E conclude indicando anche come fare. “Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa”.

Che tutti possano ammirare come vi prendete cura gli uni degli altri, come vi incoraggiate mutuamente e come vi accompagnate: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35)   Chiediamo al Signore che ci faccia comprendere la legge dell’amore. Che buona cosa è avere questa legge! Quanto ci fa bene amarci gli uni gli altri al di là di tutto! Sì, al di là di tutto! A ciascuno di noi è diretta l’esortazione paolina: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,21). E ancora: «Non stanchiamoci di fare il bene» (Gal 6,9). Tutti abbiamo simpatie ed antipatie, e forse proprio in questo momento siamo arrabbiati con qualcuno. Diciamo almeno al Signore: “Signore, sono arrabbiato con questo, con quella. Ti prego per lui e per lei”. Pregare per la persona con cui siamo irritati è un bel passo verso l’amore, ed è un atto di evangelizzazione. Facciamolo oggi! Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno!

Ecco il solito:  Vangelo dell’amore.  Sempre lo stesso, ma sempre nuovo.

 

 

                                        (4)                 L’annuncio del Vangelo

 

“L’evangelizzazione è compito della Chiesa.”  Ma questo soggetto evangelizzatore non è  semplicemente una istituzione organica e gerarchica, come si potrebbe facilmente intendere è invece un popolo in cammino verso Dio.

Questo popolo di Dio si incarna nei popoli della Terra, in tutti i popoli della terra.

Gesù infatti dice agli apostoli: “Andate e fate discepoli tutti i popoli.”

Il Papa a questo punto introduce il concetto di cultura, ricordando che ogni popolo ha la propria cultura  dove per cultura si tratta dello stile di vita di una determinata società, del modo peculiare che hanno i suoi membri di relazionarsi tra loro, con le altre  culture e con Dio. Intesa così, la cultura comprende la totalità della vita di un popolo, che ognuno  nel suo divenire storico, sviluppa  con legittima autonomia.

“…il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale…” ma “restando pienamente se stesso, nella totale fedeltà all’annuncio evangelico e alla tradizione ecclesiale”  esso potrà portare  il messaggio divino nelle  tante culture e  nei  tanti popoli in cui questo  è accolto e radicato.

Nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi. In alcuni momenti guardata con sfiducia, è stata oggetto di rivalutazione nei decenni posteriori al Concilio

Nell’ottica dell’annuncio del Vangelo, il papa a questo punto  affronta  sinteticamente  il tema  dell’omelia domenicale

Citando  Papa Paolo VI  sottolinea che i fedeli si attendono molto da questa predicazione, e ne ricavano frutto,  purché essa sia: semplice, chiara, diretta, e che il linguaggio utilizzato sia  quello  che i destinatari riescono a  comprendere meglio, per non correre il rischio di parlare a vuoto Un  punto importante  è fare in modo che la predicazione abbia una unità tematica, e un ordine chiaro in modo che le persone possano seguire facilmente il predicatore e cogliere la logica di quello che dice.

Nell’ottica di una evangelizzazione efficace è opportuno usare un  linguaggio positivo. “Non dire tanto quello che non si deve fare ma piuttosto proporre quello che possiamo fare meglio. In ogni caso, se si indica qualcosa di negativo, cercare  sempre di mostrare anche un valore positivo che attragga, per non fermarsi alla lagnanza, al lamento, alla critica o al rimorso.”

Ricorda inoltre il Papa  e va sottolineato, in quanto riguarda tutti,  che: “Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di nuovo splendore e di una gioia profonda anche in mezzo alle prove”

E’ bene che le persone vedano i cristiani come “gioiosi messaggeri di proposte alte, custodi del bene e della bellezza che risplendono in una vita fedele al Vangelo.”

 

Oggi, quante parole sono diventate scomode per questo sistema! Dà fastidio che si parli di etica,  dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia

E perché non ricorrere a Dio affinché ispiri i loro piani? Sono convinto che a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale.

 

(5)                   Il Vangelo della pace

La pace «non si riduce ad un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini». In definitiva, una pace che non sorga come frutto dello sviluppo integrale di tutti, non avrà nemmeno futuro e sarà sempre seme di nuovi conflitti e di varie forme di violenza.  La Chiesa proclama «il vangelo della pace» (Ef 6,15) ed è aperta alla collaborazione con tutte le autorità nazionali e internazionali per prendersi cura di questo bene universale tanto grande. Allo Stato compete la cura e la promozione del bene comune della società,  sulla base dei principi di sussidiarietà e di solidarietà.

Anche il dialogo tra scienza e fede è parte dell’azione evangelizzatrice che favorisce la pace.

La fede non ha paura della ragione; al contrario, la cerca e ha fiducia in essa, perché «la luce della ragione e quella della fede provengono ambedue da Dio», e non possono contraddirsi tra loro. L’evangelizzazione è attenta ai progressi scientifici per illuminarli con la luce della fede e della legge naturale, affinché rispettino sempre la centralità e il valore supremo della persona umana in tutte le fasi della sua esistenza.

I Padri sinodali hanno ricordato l’importanza del rispetto per la libertà religiosa, considerata come un diritto umano fondamentale. Essa comprende «la libertà di scegliere la religione che si considera vera e di manifestare pubblicamente la propria fede». Un sano pluralismo, che davvero rispetti gli altri ed i valori come tali, non implica una privatizzazione delle religioni, con la pretesa di ridurle al silenzio e all’oscurità della coscienza di ciascuno, o alla marginalità del recinto chiuso delle chiese, delle sinagoghe o delle moschee. Si tratterebbe, in definitiva, di una nuova forma di discriminazione e di autoritarismo. Il rispetto dovuto alle minoranze di agnostici o di non credenti non deve imporsi in un modo arbitrario che metta a tacere le convinzioni di maggioranze credenti o ignori la ricchezza delle tradizioni religiose. Questo alla lunga fomenterebbe più il risentimento che la tolleranza e la pace.

     Evangelizzatori con Spirito significa evangelizzatori che pregano e lavorano. Dal punto di vista dell’evangelizzazione, non servono né le proposte mistiche senza un forte impegno sociale e missionario, né i discorsi e le prassi sociali e pastorali senza una spiritualità che trasformi il cuore. Tali proposte parziali e disgreganti raggiungono solo piccoli gruppi e non hanno una forza di ampia penetrazione, perché mutilano il Vangelo.

A volte perdiamo l’entusiasmo per la missione dimenticando che il Vangelo risponde alle necessità più profonde delle persone, perché tutti siamo stati creati per quello che il Vangelo ci propone: l’amicizia con Gesù e l’amore fraterno. Quando si riesce ad esprimere adeguatamente e con bellezza il contenuto essenziale del Vangelo, sicuramente quel messaggio risponderà alle domande più profonde dei cuori:

Può essere missionario solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri. Questa apertura del cuore è fonte di felicità, perché «si è più beati nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Per condividere la vita con la gente e donarci generosamente, abbiamo bisogno di riconoscere anche che ogni persona è degna della nostra dedizione perché è opera di Dio, sua creatura.

Al Signore non piace che manchi alla sua Chiesa l’icona femminile. Ella, che lo generò con tanta fede, accompagna pure «il resto della sua discendenza, …quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù» (Ap 12,17).

Come una vera madre, cammina con noi, combatte con noi, ed effonde incessantemente la vicinanza dell’amore di Dio. Attraverso le varie devozioni mariane, legate generalmente ai santuari, condivide le vicende di ogni popolo che ha ricevuto il Vangelo, ed entra a far parte della sua identità storica.

Vi è uno stile mariano nell’attività evangelizzatrice della Chiesa. Perché ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto. In lei vediamo che l’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, che non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti

È il Risorto che ci dice, con una potenza che ci riempie di immensa fiducia e di fermissima speranza: «Io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Con Maria avanziamo fiduciosi verso questa promessa.

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