di PIERFRANCESCO GASPERI
Torna a risplendere l’antico Palazzo Ghetti, meglio conosciuto come il Palazzo dei Fiammiferi. inaugurata anche una interessante mostra archeologica dei reperti trovati durante i lavori di restauro. Nello storico Borgo San Giovanni di Rimini, ove termina l’antica consolare Flaminia, in prossimità dell’arco d’Augusto, costruita oltre 2200 anni fa (la terza strada realizzata in Italia che collegava Rimini con Roma attraversando tutti gli Appennini centrali), ha Sede e Direzione la Banca Malatestiana all’interno dell’antico Palazzo Ghetti, dal nome dal proprietario Nicola Ghetti, che nell’800 fabbricava i fiammiferi che venivano comunemente chiamati “zolfanelli”.
Attraverso una attenta e precisa ricostruzione storica sia del “borgo” sia del “palazzo” è da un decennio iniziato un attento restauro terminato all’inizio dell’anno. L’inaugurazione ufficiale è avvenuta lo scorso 15 giugno, aperta a tutta la cittadinanza e nell’occasione è stato presentato un corposo e prestigioso volume dal titolo “Il Palazzo dei Fiammiferi”, curato dallo storico riminese Piero Meldini, con la collaborazione di Oreste Delucca, Oriana Maroni, Alessandro Mori, Giovanni Rimondini, edito da Pazzini in una prestigiosa edizione. Il curatore del libro Piero Meldini ha riferito: “Nel progetto sono stati coinvolti alcuni studiosi riminesi di grande esperienza. Il volume si apre con una mia ricostruzione del tessuto edilizio e della composizione sociale del borgo di San Giovanni nell’800, quando Nicola Ghetti vi impiantò la fabbrica dei ‘fulminanti’; Oriana Maroni ne ripercorre la biografia, in parallelo agli avvenimenti locali e nazionali, mentre delle vicende della fabbrica si occupa Oreste Delucca. Completano il volume un saggio di Gianni Rimondini sul progettista del palazzo, Giovanni Benedettini, allievo e poi rivale di Luigi Poletti, molto attivo nel riminese, e un’appendice di Alessandro Mori sui criteri e le tappe del restauro. Di Nicola Ghetti si sapeva molto poco, sostanzialmente quel che si ricava dai necrologi pubblicati sui periodici riminesi quando, nel 1883, un tal Corbucci, suo lontano parente, lo uccise per futili motivi sparandogli alla testa. I dati di prima mano che abbiamo raccolto negli archivi hanno gettato nuova luce sulla figura di Ghetti, personaggio rilevante della vita economica e politica locale”.
Nato nel 1816, di umili origini, riuscì a creare un’industria che la “Guida del forestiere”, pubblicata da Luigi Tonini nel 1864, giudicava “grandiosa”, aggiungendo che “ha così grande smercio che tiene impiegate di continuo al lavoro oltre 300 persone. Il suo traffico è esteso per tutta Italia”. Ghetti appartenne a quella generazione che professava sentimenti patriottici, le persone del suo ceto, almeno; di orientamento liberaldemocratico, partecipò alla sommossa del 1845, su cui d’Azeglio scriverà “Degli ultimi casi di Romagna”. Dopo l’unità d’Italia fu consigliere comunale per un ventennio circa, ricoprendo anche altre cariche. Nel 1838 la costruzione del palazzo Ghetti, nuova sede della fabbrica – un vastissimo fabbricato a quattro piani -, coronava il suo status con una scenografica residenza, cui affidava anche la testimonianza della sua ascesa. Fu per certi versi un imprenditore ‘illuminato’, ideatore di un tipo di “fiammiferi nuovi di sicurezza” non soggetti all’autocombustione, che si poneva anche il problema della tossicità per gli operai del ‘fosforo bianco’, una delle componenti della capocchia del fiammifero. Eppure subì un processo per maltrattamenti e percosse a una dipendente diciottenne, che il 30 agosto 1854 lo denunciò al Governatore. Riconosciuto colpevole, beneficiò dell’indulto. Nel 1877 donò uno dei palazzi più prestigiosi della città, palazzo Gioia, al nascente Istituto Ricovero di Mendicità, comportandosi da benefattore, anche se pure questo si legava al suo riconoscimento sociale. Morto lui, la fabbrica entrò presto in crisi, cessando la produzione nel 1908.
Per adeguare il fabbricato alle esigenze odierne occorreva trovare spazi per gli impianti tecnologici, senza però senza però trasformare gli edifici originari. In accordo con la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna si è deciso di ospitare tali impianti in un interrato realizzato sotto il cortile interno, per consentire di effettuare i lavori in sicurezza senza alterare gli equilibri statici degli edifici esistenti. E proprio durante questi scavi sono venuti alla luce importanti reperti archeologici. Ad un metro di profondità sono state portate alla luce alcune strutture medioevali del Borgo San Ginesio (oggi san Giovanni). Case, botteghe, magazzini si aprivano su una strada, cortili ricchi di materiali hanno permesso di scoprire uno spaccato di vita quotidiana della Rimini Malatestiana tra il XIV e XV secolo. Il Borgo fu costruito al di sopra di una necropoli romana risalente al III-IV secolo dopo Cristo, distribuita lungo la Via Flaminia (oggi Via XX Settembre). Inoltre, sotto vari strati di terreno, sono emersi fossi di bonifica del territorio, realizzati dai Romani a partire dalla metà del III secoli avanti (prima) di Cristo. I fossi riempiti di terreno hanno restituito vasellame, una fibula, moltissime monete ed altri importanti reperti. La Banca ha quindi deciso di raccogliere tali importanti reperti in teche e vetrine appositamente realizzate per dar vita ad un Museo stabile posto in uno spazio al piano terra che dà sul cortile interno dell’ingresso principale. Tale museo, previa telefonata ala Banca è possibile visitarlo da tutti i cittadini. L’inaugurazione è avvenuta lo scorso 22 giugno con la presentazione di un catalogo-guida “Dalle Origini del Borgo a Palazzo Ghetti, 25 anni di storia”, che ricostruisce la storia del Borgo e del Palazzo e descrive i reperti in mostra. Veramente una bella iniziativa di Banca Malatestiana che ha restituito alla città di Rimini un palazzo importante ed un pezzo di storia economica-sociale del territorio con grande attenzione all’arte ed alla cultura messa a disposizione dell’intera comunità.
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