– Una dozzina di morcianesi hanno acquistato il maestoso stabilimento Ghigi di via Roma e saranno costoro a tirare su i 23.000 metri quadrati che incideranno sul futuro urbanistico e commerciale di Morciano. I 23.000 metri quadrati metteranno in moto un giro d’affari di circa 50 milioni di euro (quasi 100 miliardi). Li capitana un montefiorese Enrico Piccari, socio dell’Edilconca, un’impresa di costruzioni che solo negli ultimi anni sta aprendo qualche cantiere in Valconca; prima ha sempre lavorato a Riccione e Rimini. L’Edilconca ha ultimato, dopo tristi vicissitudini, la scuola di Morciano in via Spallicci.
Enrico Piccari è un signore intelligente che tratta gli altri con intelligenza. Della sua dozzina, qualche nome: Valentino Ciuffoli, Cleto Quadrelli, Marcello Imola, Pierangelo Parma (Cattolica), Maurizio Merli, Sante Grechi. I soci hanno sottoscritto quote tra il 7 ed il 15 per cento. Piccari e Ciuffoli siedono anche nel consiglio di amministrazione della Ghigi.
A chi gli chiede come è nata la cordata, risponde Piccari: “L’idea è nata ad una cena tra amici a Montefiore. Si parlava di che cosa fare. Uno dice: ‘Ma perché non acquistiamo la Ghigi?’. Era il ’99. Chiediamo un incontro con i vertici dello stabilimento; rispondono che non sanno ancora che cosa fare. Dopo che è andato a monte l’affare tra Italino Mulazzani e la Ghigi, ci ritroviamo a tavolo della trattativa ed abbiamo acquistato il 50% dei muri Ghigi da Rinnovamento Ghigi, i proprietari. La prima volta eravamo andati per acquistare il pastificio, cioè volevamo fare i pastai. Siamo ancora disponibili ad acquistarlo”.
“A parte i metri quadrati che si possono fare – continua Piccari – io lavoro per la soddisfazione. Il guadagno non è al primo posto. Cercheremo di effettuare un bel intervento, senza però dimenticare il guadagno”.
Con i 23.000 metri quadrati si faranno un albergo, alcune sale, negozi, un supermercato ed abitazioni”.
Non crede che il pubblico sia stato troppo generoso con la Ghigi. Tira fuori una caterva di soldi per acquistare delle sale; ha permesso di acquistare la terra a San Clemente a poche decine di euro al metro quadrato e non ai prezzi di mercato?
“Non credo. Uno dei “difetti” è che la Ghigi è una Cooperativa e come tale gestita senza ricerca di un utile esasperato. Ha subito le vessazioni degli amministratori dicendo sempre di sì. Ad esempio è stato costruito il parcheggio a Morciano prima ancora di andare via e sono stati spesi 2,5 milioni di euro. E’ vero il pubblico compra ma a prezzi stracciati. Diciamo che la Ghigi è un pachiderma che sta morendo e tutti ne vogliono una fetta. Da dentro, noto che uno dei difetti della Ghigi è che le promozioni non avvengono sul campo; mentre nel privato si diventa leader con le capacità”.
Si dice che alla Nuova Ghigi non resteranno più di 50 addetti, che dice?
“Dipende. Dipende dai turni, dal mercato. Ho visitato un pastificio in Veneto che con 30 operai, produce il doppio della Ghigi ma non è il tipo di impianto che si vuole fare, al primo posto si è deciso di mantenere la qualità non la quantità. Credo che le risorse andrebbero concentrate sulla costruzione del pastificio e del mulino; il mangimificio è l’ultima cosa a cui guardare”.
Non crede che i 10 ettari acquistati a prezzi agevolati a Sant’Andrea siano troppi e forse c’è una speculazione dietro?
“No. Quel terreno in base al Piano di riqualificazione urbano è destinato alla Ghigi, che non può vendere i lotti a nessun altro. Va rimarcato che a Sant’Andrea gli affari li hanno fatto e li stanno facendo i palazzinari e non la Ghigi o le industrie che ancora devono iniziare i lavori. Il pubblico con le opere è indietro due anni. Un danno per l’azienda”.
Ha un futuro la Ghigi?
“Credo proprio di sì; la maggior parte dei pastifici guadagnano. Oggi, la Ghigi fattura attorno ai 18 milioni di euro e ne perde uno abbondante l’anno. Allo stato uno dei problemi grossi è la conflittualità tra proprietà e sindacati. Gli operai hanno la professionalità ma non sono capiti; dunque, si fa fatica a collaborare. L’azienda impiega 80-90 addetti fissi, più 20-25 stagionali. Sono del parere che se il pastificio verrà gestito in modo corretto i dipendenti saranno quasi tutti riconfermati: il resto dipende dal mercato. Ad esempio, trovo poco dignitoso che oggi si faccia fare la pasta fuori. Quando con dei turni il sabato e la domenica si poteva trovare una soluzione interna. Se si continua a ragionare così potrei anche disinteressarmi della produzione”.