[img align=left]http://www.lapiazza.rn.it/marzo/don_crescentini.jpg[/img]Non credo si possano invocare in”dici di costruzione e rispetto delle norme edilizie vigenti come garanzia di oculata progettazione. Dobbiamo invece recuperare una mediazione tra queste e il territorio, con le sue caratteristiche, e con un progetto sociale che ispira l’edilizia. Le sacche di disagio sociale delle grandi periferie urbane, in tutta Europa (e nel mondo) hanno convinto che non basta costruire edifici, ma occorre essere attenti alla vita delle persone che le occuperanno.
Il progetto o la filosofia sociale che ispira una progettazione dei comparti edilizi è quella che giustifica vincoli o richieste particolari ai costruttori o progettisti. E’ su tale argomento di fondo che dobbiamo riflettere. Qualcuno mi dice che se mettiamo vincoli sociali svantaggiosi per i costruttori, questi, non avendo il loro margine di profitto, rischiano di investire in altre zone. Sento anche dire che se chi possiede quei lotti edificabili non riesce a trattare il massimo della vendita, tende ad aspettare tempi più propizi (quando il valore di mercato dei loro terreni salirà). Da quello che sento e da quello che vedo mi convinco sempre di più che le parti sociali ad essere maggiormente tutelate sono i proprietari e le imprese edili costruttrici; i diritti di coloro che vengono ad abitare e della collettività passano, invece, in secondo piano.
Ma è appunto questa tendenza, a privilegiare le esigenze di qualche parte e non di tutte le parti sociali, a porre il problema del progetto – filosofia sociale. Non possiamo assolutamente evitare di aiutarci a definire sempre meglio l’intenzione che ispira l’azione, poiché rimarremmo con cose fatte che non esprimono altro che l’aver risposto ad una necessità, o una casualità opportunista (c’era la possibilità e l’abbiamo colta).[img align=left]http://www.lapiazza.rn.it/marzo/sanclemente.jpg[/img]
Il nostro comune ha un territorio esteso che da sempre è stato insediato dalla nostra gente a piccole borgate (o ghetti) per soddisfare il bisogno di socialità e di vicinanza a misura d’uomo. Basta girare per gli antichi o recenti ghetti del nostro territorio comunale per vedere come ogni ghetto ha una sua propria caratteristica. Le case a schiera sono tipiche degli insediamenti urbani e non rurali. Esse si allacciano ad una filosofia sociale della casa come riparo, mentre tutte le attività sono svolte all’esterno. La cultura rurale è molto diversa, in quanto la casa è luogo di identità, di socialità, di condivisione… basti notare quante località hanno davanti la particella Ca’…
Spendiamo ingenti somme di denaro per il recupero di edifici che hanno un’importanza sociale, fissano l’identità della collettività. Dovremmo almeno pensare quale tipo di costruzione continua a favorire una certa cultura sociale. La “campagna” non è solo un insieme di terreni incolti o coltivati, ma è anche un modo di vivere, troppe volte bistrattato dall’urbe, che vorrebbe essere il metro di misura e di riferimento per tutti gli insediamenti umani. Qualcuno dice che i giochi sono fatti e non è il caso di far troppo chiasso proprio adesso. Non sono d’accordo. Il dovere della riflessione è permanente e, se non potrà servire immediatamente a noi, almeno può aiutare altri nella loro progettazione edilizia. Ancora oggi vi sono nuovi comparti da progettare, perché non far tesoro dell’esperienza per proporre qualcosa di nuovo che possa essere uno stimolo per pensare gli insediamenti urbani non come “mura di riparo”, ma come elementi fondanti di socialità e di appartenenza?
A me poco interessa di stabilire chi ha ragione; ciò che veramente mi interessa è cercare la ragione del vivere, imparando dalla esperienza, alimentando la visione del bene comune, cercando di invitare tutti a riflettere e contribuire a creare consapevolezza e partecipazione. Anche la denuncia di tendenze pericolose non vuole porre degli interrogativi o demolire le persone. Queste, nella nostra cultura, quasi dimenticata, sono la risorsa essenziale per una vita serena e sicura.
L’appello è quello di sempre: aiutiamoci a sviluppare una filosofia sociale che, fedele al nostro territorio e alla nostra cultura, sia capace di radicare le persone in un territorio e di creare identità ed appartenenza.
*Ex parroco di San Clemente e Sant’Andrea