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Home Località Cattolica

Quando a Cattolica c’era la Musica Arabita

Redazione di Redazione
10 Marzo 2003
in Cattolica
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
A A

[img align=left]http://www.lapiazza.rn.it/marzo/arabita_cattolica.jpg[/img]

Cattolica, Carnevale 1962: la Musica Rabita di Cattolica. In piedi da sinistra: Elio Luchena, Franco Silvagni (‘Foci’), Vincenzo Girometti (‘Furèl’), Sauro Campolucci (‘Camplùc’), Mario Franchi (‘Mariòla’), Terenzio Pagnoni (‘Al Ros’), Roberto Monfardini (‘Butèga’), Luigi Donati (‘Dinèn’). Accosciati da sinistra: Rinaldo Rossi (‘Bunòra’) è fuori campo, si vede solo lo strumento, Livio Pandolfi, Giorgio Della Santina (‘Vulpèn’), Sergio Pensalfini, Bruno Arduini (‘Zamàra’), Marco Lazzari, Walter Guidi (‘Pasqualèn’).

“Era il 1957, avendo visto d’estate, in compagnia di amici, la Musica Arabita di Fano esibirsi durante una manifestazione estiva al porto di Cattolica, affascinati dalla fantasia dei loro strumenti, ci venne in mente di realizzare qualcosa di simile. Eravamo dei ragazzini, quasi tutti della classe 1945. Insieme a Giorgio Della Santina e Franco Silvagni, si andava a scuola di musica in un locale situato in via Mazzini angolo via Saffi (oggi c’è l’Arredo 3). Così abbiamo realizzato degli strumenti simili a quelli della Musica Arabita e da casa ognuno ha iniziato a portare gli oggetti più strani: barattoli, una curva, scolapasta, pentole, si utilizzavano telai di ombrelli, tubi della stufa, membrane raccolte da Silvagni detto Marièn d’la Butèga che al stèva ma port.
Ci si vedeva tutti i pomeriggi dopo la scuola a casa mia, nella capanna attigua all’abitazione dove mio padre, maestro d’ascia, teneva i suoi attrezzi di lavoro. Da lì realizzammo i nostri strumenti, tutti fatti a mano, semplici ma vivi di quella manualità che oggi sta scomparendo. Ricordo che alla scuola elementare eravamo allievi del maestro Prosciutti, moderno e innovatore, pieno d’inventiva, a scuola si realizzava anche il Notiziario Scolastico, sotto la sua direttiva. Siamo nel 1953-54. Lui sapeva cogliere le predisposizione di ognuno di noi e sapeva indirizzarci e impegnarci e anche contenere l’euforia di ben 36 allievi.
Al porto dove abitavamo, tutto era un gioco: a giughèmie a ‘birèl’ si madòn, a ‘lèppa’, a ‘bandabinèn’ e ‘mùscel’. C’era il periodo del carriolino e allora si partiva alla ricerca dei cuscinetti a sfera dai meccanici. Eravamo sempre tutti sporchi, sempre tut sbùc, scòrghe com i gat salbàdghe. Oltre a queste esperienze, ci si raffinava ad una manualità nell’uso di attrezzi di lavoro dei nostri genitori, che lavoravano nei cantieri o andavano in mare. Ricordo con nostalgia l’uso della zappetta, arnese del maestro d’ascia.
Ma torniamo all’Arabita. All’età di 10-11, anni dopo varie prove con Ciribiribìn… e altri brani, alla prima uscita non sapendo come vestirci. L’idea fu quella di vestirci come ergastolani: chi è che non ha in casa un pigiama a righe? Abbiamo realizzato un cappello di carta con un numero sopra e legato al collo con un elastico. E così il gruppo uscì per le nostre campagne a suonare nelle case dei contadini per qualche soldo, qualche uovo, qualche salsiccia: gnè gnìnt p’la mascarèna? Se un gne l’ov iè la galèna… Così anche per le vie del centro, dal Caffè Commercio al Sirenella, ci facevano suonare qualche pezzo, poi uno di noi passava col cappello a raccogliere qualche ricompensa. Era tradizione che i bambini vestiti da mascherine, il giovedì grasso andassero per botteghe… e c’era anche il macellaio che allungava qualche salsiccia.
Il secondo anno della Musica Arabita, con il ricavato abbiamo organizzato una festa da ballo invitando le ragazze nostre coetanee. Della fotografia che ritrae i ragazzi della Musica Arabita durante il carnevale del 1962, uscì anche un articolo sul Resto del Carlino. Vestiti da camerieri, pantaloni neri, fiocco rosso molto grande, cappelli di carta a cilindro, fatti da noi e verniciati di nero. Gli elementi erano già forti e consolidati, dal pilastro Giorgio Della Santina, nostro coetaneo e già bravo e appassionato musicista. Inoltre c’era Rinaldo Rossi, attualmente lavora alla Rai regionale di Ancona.
L’anno successivo si era costituita anche l’Arabita dei grandi, quelli del paese, chiamata ‘La Canòcia’; noi, quelli del porto, eravamo ‘La Puràcia’. Insieme andammo a suonare a Forlimpopoli, sotto la guida del maestro Borghini, che era il maestro della ‘Canòcia’, che diresse con ardore il gruppo con uno scopino da water. Ci vide Orizzi, maestro della banda cittadina di Cattolica, che prese a cuore il nostro lavoro e ci insegnò lo studio del canto, del tempo musicale e scrisse appositamente una canzone per noi.
Qualche giorno fa lo ricordavo con Giorgio Della Santina… oè la puràza oè la purèna… e la puràza catulghìna e d’la Rumàgna sin i fiùl… oè… oè sla vi scòmda oè des qualcosa… Poi si continuò al Kursaal per Pasqua con l’arrivo dei primi turisti.
Purtroppo un giorno nella sede dove lasciavamo i nostri strumenti e ci si riuniva per le prove insieme ai grandi della ‘Canòcia’, qualche ‘amico’ geloso entrò dentro nella stanza rompendo il lucchetto e spaccò tutti gli strumenti. Così finì con una vena di rabbia e nostalgia la breve avventura della Musica Arabita di Cattolica”.
(Testimonianza raccolta da Dorigo Vanzolini)

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