Negli ultimi 20 anni è stata in gran parte speculativa, lontana dagli interessi dei cittadini e degli imprenditori. Settore fermo. Che fare? La crisi ha fatto saltare alcune delle imprese edili che sembravano solidissime. Trascinate le banche.
di FRANCESCO TOTI
“Dagli pure 1,3 milioni di euro”. “Ne sei sicuro? Sul tavolo hanno un’offerta di 900 mila euro”. Il dialogo è avvenuto tra uno dei massimi costruttori edili della provincia di Rimini ed il suo ragioniere. Siamo nel 2008, anno di inizio di questa “strana” crisi economica direbbe il filosofo francese Jean Paul Sartre; anche se lui si riferiva agli stanchi primi mesi della Seconda guerra mondiale. Sembrava che i soldi siano noccioline, con poco valore. sembrava che tutta andasse, che tutto fosse slegato dall’economia vera che è tensione morale, conoscenze, serietà. E non superficialità, approssimazione, malaffare. E che per farcela un po’ di fortuna non guasta. Negli anni tra il 2000 ed il 2008, quelli del falso boom economico, già passati alla storia come bolla speculativa, si è giunti all’assurdo che un appartamento sulle rampe di Montefiore costasse come alla periferia di Riccione. C’è il caso di un giovane che ha acquistato, sempre a Montefiore, un piccolo appartamento con il soggiorno senza finestre. A dar luce un muro a vetri. Quando la giostra del mattone ha finito la corsa, sono saltate aziende della provincia che sembravano eterne: sia cooperative, sia private. Le grandi hanno trascinato nel baratro anche i conti delle banche.
Nel 2009 si è gettata nel parapiglia anche un’associazione di categoria, mettendo sul piatto per una mega lottizzazione di periferia quasi 25 milioni di euro. Trascinati nel fondo anche una lunga serie di artigiani che speravano di partecipare al cantiere con il proprio lavoro. Oggi, tutto è fermo ad a prezzi di saldo. Neppure il saldo però muove i denari. A Cattolica, fa sapere un’agenzia in pieno centro, quello che prima del 2008 si vendeva a 4-6mila euro al metro quadrato, oggi non si piazza neppure a 2 mila. Penso ad un appartamento di 130 metri vista mare in una delle posizioni più blasonate della città. L’architetto riminese Marino Bonizzato (foto) è persona perbene e uomo saggio. Decano dei progettisti della città (sua la nuova darsena) ha una visione sociale, educativa e culturale dello sviluppo urbanistico. Argomenta: “La gente ha voglia di bellezza, invece gli abbiamo date le brutture. Il costruito, l’edificato è l’hardware di una comunità. Alimenta il sistema dei poteri e non dei valori. C’è la spinta a costruire per ragioni economiche e non di necessità e benessere psichico e sociale. E’ la maledizione del nostro sistema. Dobbiamo rompere questa catena che distrugge ambiente e territorio. E’ possibile abitare in modo diverso da quanto stabilito da un potere brutto? Credo proprio di sì. Per farlo dobbiamo lavorare sulla civitas, sul cittadino, sui valori. Quanto fatto non si può distruggere dato che è un patrimonio. Ora va fatto un investimento per attivare una città diversa, che renda migliore i cittadini. Questo è il grosso interesse della politica. Politica e cittadini dovrebbero generare bellezza. Bellezza che può far esplodere luce in qualsiasi cosa che si fa”. “Fare le fogne – chiude Bonizzato – non è scelta politica. Il bello è scelta politica”.