di Alessandro Roveri *
Cominciando, intanto, con il precisare che bisogna dire “Anglo-americani”, e non semplicemente “Americani”, sia per la storia di cinquant’anni fa sia per quella di oggi.
Nel dicembre 1941 gli USA, dopo avere subito a Pearl Harbour il bombardamento nipponico raccontato in mille film, entrarono in guerra contro il Giappone, alleato di Germania e Italia (Patto Tripartito). Subito dopo, il 10 dicembre, l’Italia fascista dichiarò guerra agli USA. Mussolini annunciò ‘evento in questo modo: 10 dicembre 1941: «Camerati! E’ questa un’altra giornata di decisioni solenni nella storia d’Italia e di memorabili eventi destinati ad imprimere un nuovo corso nella storia dei continenti. Le potenze del Patto d’acciaio, l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista, sempre più strettamente unite, scendono oggi a lato dell’eroico Giappone contro gli Stati Uniti d’America. Il Tripartito diventa un’alleanza militare che schiera attorno alle sue bandiere 250 milioni di uomini risoluti a tutto pur di vincere».
Fu dunque l’Italia, già in guerra contro la Gran Bretagna e la Russia sovietica, a dichiarar guerra agli USA, e non viceversa. Si sa come andarono le cose. Gli USA fronteggiarono vittoriosamente il conflitto in Europa contro l’Asse italo-tedesco. Nel 1943, dopo che i Russi avevano fermato i Tedeschi a Stalingrado e cominciato a ricacciarli dalla loro patria, gli Anglo-americani, alleati dei Russi, sbarcarono in Italia e costrinsero il governo di Badoglio, nominato dal re al posto di quello di Mussolini il 25 luglio, a chiedere l’armistizio. E cominciarono ad avanzare verso il nord. Qui i Tedeschi avevano indotto Mussolini, dopo averlo liberato, a formare il governo della Repubblica di Salò schierato al loro fianco. Nel giugno 1944 gli Anglo-americani sbarcarono in Normandia e, in Italia, liberarono Roma: una tenaglia si stringeva attorno alla Germania nazista.
Mentre nel Sud il governo del re organizzava un Corpo italiano di liberazione e lo affiancava agli Anglo-americani, nel Nord la ventennale opposizione al fascismo si prolungava nelle formazioni armate della Resistenza contro i nazifascisti. La Resistenza, in collaborazione con il governo monarchico dell’Italia liberata, contò ben poco dal punto di vista degli esiti bellici, dipendenti dalle armate anglo-americane, ma ebbe un immenso significato morale: era l’Italia democratica che riscattava vent’anni di dittatura.
Le classi politiche dirigenti italiana e tedesca, nel 1922 e 1933, avevano infatti fronteggiato il pericolo della rivoluzione comunista mondiale rinnegando le precedenti conquiste liberali e democratiche, e costruendo due regimi totalitari. Non così Gran Bretagna e USA, che fronteggiarono il pericolo comunista mantenendo le loro istituzioni liberali, ben più vecchie e robuste di quelle italiane e tedesche (Inghilterra del Seicento, USA nati dalla rivoluzione antibritannica del Settecento!). Qui stanno i loro meriti morali.
Il resto fu guerra, la seconda guerra mondiale, con tutti gli interessi nazionali, economici e imperiali ad essa legati. Fu nell’atto di sconfiggere l’imperialismo tedesco che gli Anglo-americani resero possibile il ritorno dell’Italia alla libertà, e in Italia trovarono, per farla governare, gli antifascisti sconfitti negli anni Venti: De Gasperi, Croce, Sforza, Bonomi ecc. Nel badare ai loro interessi di grandi potenze, gli Anglo-americani in Italia aprirono la strada anche alla democrazia (cosa che non fece l’Urss nei territori da essa occupati, come la vecchia Cecoslovacchia). Di questo si nutre oggi la nostra gratitudine.
Ma non esageriamo. Totalmente diverso è il caso odierno della guerra contro l’Irak. Saddam Hussein non è Mussolini, nel senso che egli non è il distruttore di precedenti libertà democratiche qui mai esistite. Non ha perciò senso presentare l’attuale guerra come un generoso sforzo di restaurazione della libertà, e negare il suo carattere petrolifero-imperialistico. Lo ha capito Giovanni Paolo II, che ha condannato senza riserve questa sporca guerra. Penosi e patetici appaiono i contorcimenti dei cattolici berlusconiani dell’Udc, che tra Berlusconi e il papa hanno scelto Berlusconi “e mandato il papa a farsi benedire”.
*Professore di Storia
del Risorgimento
all’Università di Ferrara