Aeffe
Tullio Badioli ed Alberta Ferretti sono una coppia di neppure 20 anni, “con molta buona volontà e tanta intraprendenza”. Lei eredita dalla madre un merceria in via Allende, oggi di fronte allo stabilimento della vecchia Gilmar. Si chiama “Jolly Shop”. Diventa il negozio di tendenza di Cattolica, con clienti che arrivano da ogni dove, anche dalla lontana Pesaro.
Da qui si fa il salto nella centralissima via Bovio, a Cattolica, dove adesso c’è la boutique Gaudenzi. E lo chiamano sempre “Jolly Shop”. Intraprendenti, si diceva. La coppia pensa: “Invece di solo acquistarli i capi, perché non li produciamo noi?”. La signora crea, mentre il marito organizza, trova i laboratori giusti, fa gli acquisti. Passa un rappresentante di una blasonata azienda dal quale acquistano e chiede: “Di chi sono questi vestiti?”. “I nostri”. “Perché non fate una piccola collezione che io provo a vendere”. Chiesto, fatto. Fu subito successo. Si è nei primi anni settanta.
Nell’80 il grande salto. Coveri, già affermato, cerca un produttore. Nasce l’Aeffe che cura i prodotti sia di Coveri, sia di Alberta Ferretti. L’azienda si espande. Nell’81 arriva Gianfranco Vanzini, mente finanziaria raffinata, competenze, unite ad un buon senso a prova di bomba.
La terza svolta invece è dell’83, quando si inizia a collaborare con Moschino. Le prime 3-4 collezioni furorono un fiasco. Da allora Aeffe è sempre cresciuta con balzi del 30-40 per cento l’anno, eccetto una, “balorda”, con un più 2 per cento. Mai chiuso i bilanci in rosso. Il resto è storia di oggi. Marchi di prestigio, Moschino, Alberta Ferretti, Pollini ed i ricavi che salgono.
Gilmar
La storia dell’altra coppia del tessile d’oro, Giuliana Marchini e Silvano Gerani, è simile a quella Ferretti-Badioli. Lei, la signora Giuliana, è una magliaia dalle mani d’oro e dalla fantasia raffinata. Mentre il marito è un venditore capace ed instancabile. La Gilmar nasce nel 1961 in un angolo della loro casa. Il primo laboratorio è un’appendice dietro l’abitazione della madre. Mentre il mercato va da Pesaro a Rimini.
Nei primi anni Settanta si valicano le Alpi, entrando nei mercati francesi e tedeschi. Ai primi del decennio successivo si attraversano i mari: Giappone e Stati Uniti. Piano piano la maglieria, core business del gruppo, è affiancata dai tessuti.
Nell’81 è una società per azioni. Ed entra nel grande giro con una sponsorizzazione in Formula Uno. Il marchio Iceberg viene conosciuto in tutto il mondo. La crescita è costante ed impetuosa.
Oggi, la sede è di 45.000 metri quadrati. Sulla palazzina uffici sventola una grande bandiera tricolore che si fa notare per chilometri.
Fuzzi
Viene fondata nel ’54 da Adele Bacchiani Fuzzi, ha sempre puntato sulla qualità. Agli inizi le collezioni, prodotte con telai a mano, venivano create dalla madre e smistate in Italia da tre rappresentanti. La figlia, Anna Maria, va all’università e agli inizi degli anni Settanta entra in azienda, portando con sé gli stilisti ed aprendosi ai mercati esteri.
Una data importante è l’83, Jean Paul Gaultier firma la prima collezione. Il sodalizio continua ancora. A cavallo tra gli ’80 ed i ’90 inizia una collaborazione con la Germania: nell’89 con “Joop”, nel ’93 con la “Hugo Boss” (ora del gruppo Marzotto).
E’ specializzata nella maglieria di livello alto (“capi che assomigliano al tessuto”). Ma vanta molti primati: esporta la quasi totalità della produzione e non produce mezzo capo all’estero (ha preferito investire in Basilicata).
La Fuzzi, oggi, è guidata dalla figlia Anna e dal marito Giuseppe Vitale, un medico dalla cultura vasta e rigorosa. Esporta il ‘95% della produzione: l’80 in Europa. Mercati principali: Germania, Francia, Inghilterra. Fuori: Giappone e Stati Uniti, toccando altri 60 paesi.
La più piccola del terzetto è al centro di un benessere economico dall’onda lunga, lunghissima. Nel 2001 ha avuto ricavi per oltre 130 miliardi. Nel ’97 ha fatturato 60 miliardi (118 addetti diretti). L’anno successivo balzo di 12 miliardi con ricavi a 72 (135 addetti). La crescita si legge meglio scrutando il ’94: 30 miliardi di ricavi e 78 addetti; ’96: 43 miliardi, con 94 addetti.
Afferma Giuseppe Vitale: “Potremmo aumentare il fatturato, ma preferiamo una crescita lenta, sana, costante”.
Ferretti Craft
Anni Sessanta. I fratelli Norberto e Alessandro Ferretti sono i proprietari di una concessionaria di auto di lusso, a Bologna. Hanno una grande passione per il mare e le barche, a vela. Se ne costruiscono una. Riesce talmente bene che per gioco la portano al salone di Genova. Arrivano gli ordini. Le barche è meglio produrle vicino al mare. Così scendono nel Riminese, prima a Misano Adriatico, successivamente a San Giovanni.
Ma la svolta arriva nell’80. I fratelli intuiscono che il futuro industriale si gioca con le barche a motore, abbandonano la vela e si concentrano sulle fuoriserie del mare. E’ la scelta vincente.
L’aneddotica vuole che l’entrata nel mondo dei motori fosse una sfida ad un concorrente che gli disse che produrre vela era molto più facile che fare scafi col gas. I gusci cari al vento ed ai novelli Ulisse vengono abbandonati nell’85.
Norberto Ferretti ha i motori nell’anima. Dall’89 inizia a partecipare ai campionati del mondo di offshore. Nel ’94 vince il titolo. Riconquistato, senza di lui al timone, nel ’97. Nel ’95, muore Alessandro.
Il Gruppo Ferretti, leader mondiale nella progettazione, costruzione e commercializzazione di imbarcazioni di lusso, con 8 marchi tra i più importanti nel panorama nautico italiano ha conseguito, nell’esercizio nautico chiuso il 31 agosto 2002, un fatturato consolidato di 333,19 milioni di Euro, in forte crescita rispetto ai 261,99 milioni di Euro dell’esercizio precedente, e un utile netto consolidato di 28,3 milioni di Euro (15,04 milioni nel 2001).
Undici unità produttive, 10 in Italia (asse Forlì-Ancona, Viareggio, Riva del Garda) ed una a Miami (Stati Uniti), l’azienda romagnola è leader mondiale nella costruzione di motor yacht di lusso con i marchi Ferretti, Custom Line, Pershing, Bertram, CRN e Riva.
L’unico rammarico è che la proprietà della più grande azienda del settore al mondo è in mani straniere. Norberto Ferretti però ne è il presidente.
CURIOSITA’
Volti Valleverde: Pelè e Luisa Corna
– La Valleverde continua nella sua strategia di marketing: grossi nomi come testimonial delle sue campagne pubblicitarie. Strategia vincente quella di Arcangeli, infatti oggi ha 2.300 punti vendita in tutto il mondo (250 monomarca) e vende circa 2,7 milioni di scarpe ogni anno.
I nuovi volti che promuovono le scarpe Valleverde sono il mitico Pelè (Edson Arantes do Nascimento), per la linea sportiva, e la bella Luisa Corna.