Galleria d’arte moderna Ribo104 a Mondaino, mostra “La vita ai margini” ed una sorpresa in chiave dantesca.
Domenica 14 Aprile alle 15.30. è stata inaugurata la mostra d’arte ” La vita ai margini”: dell’artista milanese Lorenzo LUINI, mirante a denunciare alle persone di buona volontà il mondo dei barboni e delle persone cosiddette senza- tetto.
La manifestazione ha avuto un doppio momento:
a) Presso la Chiesa dedicata a s. Michele Arcangelo sono interventi diversi relatori che hanno illustrato la problematica e poeti che hanno letto celebri testi in proposito ( il Catalogo comprende, tra gli altri , anche interventi di Nicolò Anselmi, Vescovo di Rimini, e Massimo Giorgi, sindaco di Mondaino).
Una prolusione particolare è stata quella del prof. Angelo Chiaretti, presidente del Centro Studi Danteschi san. Gregorio in Conca, che ha sottolineato come anche Dante Alighieri abbia trascorso gran parte della propria esistenza senza un proprio tetto ed a scendere e salir per l’altrui scale per chiedere un tozzo di pane…che sapeva di sale ! ” (Paradiso XVII). In seguito alla condanna a morte subita a Firenze nel 1302, infatti, girovagò di città in città per 19 anni fino al settembre del 1321, quando a Ravenna muori’ di malaria. E, significativamente, le sue ossa, ritrovate forse non casualmente nel 1865 e sottoposte ad analisi medico,-scientifica, hanno dato conferma delle malattie patologiche di cui soffre ogni barbone senza tetto: artrite ossea, carie e piorrea dentale, disturbi intestinali dovuti a disordine alimentare, miopia oculare, forte deperimento fisico,
invecchiamento precoce ecc.
In tale contesto, Chiaretti ha proposto, papinianamente ( Giovanni Papini, celebre letterato fiorentino dei Primo Novecento)) di nominare universalmente DANTE ALIGHIERI PATRONO DI SENZA TETTO E BARBONI, allegando anche alcune antiche iconografie che lo ritraggono meno paradisiacamente di come abbiano fatto Giotto, Dore’!¡ ed altri.
b) Presso la Galleria RiBO 10 sono state presentate le diverse opere, realizzate a colori su cartone per ricordare suggestivamente la casa ed il tetto sotto cui, d’inverno e d’estate, primavera ed autunno, vive ogni barbone.
Al termine della. Giornata, Daniela ed Ambrogio , splendidi mecenati e padroni di casa, hanno offerto ai presenti un simpatico buffet!
DANTE ALIGHIERI, UN POETA SENZA TETTO
” Tu proverai sì come sa di sale
Lo pane altrui e com’è duro calle
Lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale ”
Questi versi, tratti dal canto XVII del Paradiso, appartengono alle terzine più celebri della “Divina Commedia” e certamente fanno di Dante Alighieri il più famoso dei “senza tetto”.
L’affermazione può apparire sorprendente jj, tuttavia ognuno sa che all’indomani della primavera dell’anno 1302 (quando subì due condanne a morte, costringendolo a quello che risulterà un esilio perpetuo da Firenze), il Poeta non ha più avuto una propria casa, in cui vivere con la famiglia (moglie e quattro figli) e consolarsi delle proprie sventure.
Il suo girovagare di città in città, di corte in corte, ora dichiarandosi guelfo (sostenitore della Chiesa) ed ora ghibellino (sostenitore dell’Impero) è durato un ventennio, fino a concludersi con la morte nel settembre del 1321 a Ravenna, incaricato da Guido Novello da Polenta di recarsi come ambasciatore a Venezia per conciliare la “guerra del sale”. Ed è stato proprio nel corso di quel viaggio attraverso le paludi che contrasse la mortale malaria.
Dunque ogni volta a chiedere ospitalità e carità, salire e scendere le scalinate delle famiglie più abbienti ed agiate per ricevere un tozzo di pane salato, umiliandosi di fronte a re e buffoni (quanti aneddoti sono nati nel corso dei secoli in tal senso !).
Ed ogni volta costretto a ripagare in termini di servizio nettamente superiori rispetto a quanto ricevuto: lui che poteva vantarsi di nobili origini e di un patrimonio culturale ed artistico straordinario !
Così accadde a Napoli, presso il re Roberto d’Angiò, ed a Verona alla corte di Can Grande della Scala. Così accadde in Romagna, da sempre in armi, presso i Malatesti di Rimini, i Manfredi di Faenza o gli Ordelaffi di Forlì.
Addirittura quando fu a Poppi, nel Casentino, presso i Conti Guidi dovette rinnegare fin la propria identità, pur di sfuggire alle guardie fiorentine ed a quanti gli davano la caccia per catturarlo, vivo o morto, e riscuotete così la ricca taglia posta sul suo capo di bandito !
A coronamento di tutto ciò, valgano gli studi medico/scientifici condotti nel 1865 sulle sue ossa: ” Alla sola età di cinquantasei anni, Dante Alighieri soffriva di artrite deformante, dovuta al freddo sopportato, i suoi denti erano minati dalla carie e dalla piorrea ed alcuni caduti prima della morte, la sua alimentazione dovette essere molto disordinata e di pessima qualità”.
Giunto al sommo dell’ amarezza e delle privazioni, trascurò anche il suo aspetto fisico e si fece crescere una fluente ed incolta barba nerissima (confermata da fonti scritte ed iconografiche), tanto che quando passava per strada le persone lo canzonavano, con suo grande scorno, dicendo: ” Vedi che barba nera e pelle bruna?
Se l’è bruciate quando pretese di camminare da vivo fra le fiamme dell’inferno!”