AMARCORD
di Silvio Di Giovanni
– Ciao Vilmo.
Veramente questa notte non avrei voluto sostituire le mie consuete letture con lo scrivere gli appunti per recitare oggi la tua orazione funebre.
La morte è il più naturale evento della vita e tu ieri, hai concluso in modo sereno il corso della tua esistenza, nella tua casa, con l’amore dei tuoi famigliari e con il ricordo dei tuoi amici e compagni.
Una vita spesa nella quotidianità del proprio lavoro, nella formazione della famiglia, nell’attività politica e amministrativa della tua e della nostra città, nell’attività in campo sociale e civile per la formazione delle nuove leve, attraverso una intensa attività organizzativa e di partecipazione nell’Associazione della Lega delle Cooperative, nel tuo contributo, nel periodo della gioventù, all’attività partigiana degli anni 1943 – 44.
Ti ricordo Vilmo! Negli anni ’50 durante le campagne elettorali amministrative del 1951, del 1956 e quelle seguenti e poi quelle politiche del 1948, del ’53, del ’58.
Tu eri già un dirigente, noi eravamo più squadre di ragazzi. Ricordo le partenze serali dalla “Casa del Popolo” con i pennelli, i bidoni pieni di colla ed i manifesti sottobraccio, per tapezzare, nella campagna elettorale, i muri del paese.
Quanti anni sono passati!! Quanti compagni ci hanno lasciato! Guerrino Renzi, Giuseppe Ricci, Primo Bartoli, Ottavio Lazzari, Pino Ubalducci, Guerrino Fabbri, Mario Castelvetro, Franco Mazzocchi, Enrico Tanelli, solo per ricordare quelli che mi sovvengono. Quanti ricordi negli angoli della memoria.
La tua è stata una vita piena e completa, con la gratificazione dei figli, dei nipoti, con la gioia della loro crescita e della loro affermazione nello studio, che è il pane della mente e che rappresenta il migliore appagamento di noi vecchi nonni, quale premio e riscatto rispetto la vita e la condizione di ciò che è stata quella dei nostri avi: dei genitori ed ancor peggio dei nostri nonni. Quindi una vita nel pieno della sua naturalità e completezza.
Tuttavia, anche alla soglia dei 90 anni, il passo è sempre doloroso per chi resta, per chi ti ha voluto bene, per chi ti ha amato, Vilmo! per chi ha condiviso con te la sua esistenza.
Ma è naturale che sia così, come è naturale la conclusione della vita nella sua caducità.
Si vive una volta sola, come tutti gli esseri viventi, e come diceva il grande poeta iberico Garcia Lorca “Non ci sono cieli che ci possano attendere” e di noi resterà il ricordo, il ricordo di ciò che siamo stati e di quel poco, o quel tanto, di buono che siamo stati capaci di fare e di lasciare ed il ricordo durerà nella vita degli amici, dei compagni, dei conoscenti, nella vita dei nostri figli, dei nostri nipoti, dei nostri pronipoti, perchè altri ne nasceranno, perché la vita insegue la morte nel grande e mirabile equilibrio della natura.
Così è la vita nel naturale evolversi del tempo che tutto trasforma.
Nel ricordare un amico, un compagno, mi piace por mente agli insegnamenti dei grandi scrittori e poeti latini che oltre 2.000 anni fa ci hanno lasciato l’impronta della loro saggezza.
Il grande Lucrezio, che con il suo poema in sei libri: il “De Rerum Natura”, seppe costruire un monumento alla dignità dell’uomo per liberarlo dalla paura degli dei, dalla superstizione, dalla paura della morte e tese a valutare l’opera del grande Epicuro, di cui si dichiarava suo discepolo anche se vissuto due secoli dopo.
Lucrezio scrive la sua opera nei burrascosi decenni delle guerre civili nella Roma del suo tempo, con l’intento di tradurre la filosofia di vita tesa a contemplarla nel quadro di una esistenza cosmica ed umana del perpetuo divenire delle cose.
Di Lucrezio disse il grande latinista Concetto Marchesi (rettore dell’ateneo padovano nell’ottobre 1943 ed istigatore della lotta partigiana contro i tedeschi e i fascisti, di cui tu Vilmo ne fosti a conoscenza nel dopoguerra), diceva Concetto Marchesi che “La scienza ebbe in Lucrezio il suo unico grande poeta”.
Della sua opera in 7.411 versi, nei sei libri, mirabilmente tradotti da vari letterati, anche contemporanei, io ambirei recitarne alcuni, in onore e in memoria di Vilmo, che rappresentano e descrivono la naturalità delle cose nella loro semplicità e nella loro grande saggezza.
(Alcuni versi di Lucrezio sono stati letti da Silvio come ultimo saluto all’amico).