[img align=left]http://www.lapiazza.rn.it/giugno04/amarcord_2_giugno04.jpg[/img] – D’inverno, quando la nebbia (“al calìg”), era fittissima che “la staeva sal curtèl”, le barche che si trovavano al largo avevano difficoltà ad individuare la loro posizione e a seguire la giusta rotta (non erano dotate, come oggi, di appositi strumenti). Ancora non esisteva il nautofono, quella che comunemente si chiama sirena (“la piva”), posta in fondo al molo di levante. La posizione del molo veniva individuata a voce, infatti delle persone dall’mboccatura del porto chiamavano i marinai intenti a individuare l’ingresso del portocanale. I marinai a bordo usavano il corno di bue per farsi sentire sia da che da terra dava loro le indicazioni, sia da altre barche che incrociavano la rotta. Ad alta voce dalla barca gridavano: “Anducasineee?”, e da terra rispondevano, in base alla posizione: “Ma la paleda ad Scavlén”, “Ma la punta dal ges”, “Mal bus dla Tamburina”.
Le voci da terra erano quelle dei familiari, amici di marinai imbarcati sulla barca o di conoscenti che occasionalmente si trovavano in riva al mare. Allora non esistevano le scogliere e le barche arrivavano il più possibile vicino alla battigia per farsi sentire meglio. Questa operazione era agevolata dall’uso dello scandaglio a mano. All’imboccatura del porto spesso la posizione era indicata con una campana portata da casa, oppure si batteva con un ferro sui pali dei lampioni della darsena. Più tardi venne installata la sirena.