di FRANCESCO TOTI
Santarcangelo e Misano Adriatico sono cadute. Ognuna a modo proprio sono le roccaforti della sinistra della provincia di Rimini. Negli anni d’oro, ’60-’80, facevano a gara per vedere quale partito comunista locale prendesse più voti. Santarcangelo ha subito l’onta del commissariamento, mentre a Misano il sindaco Stefano Giannini è finito semplicemente in minoranza. Poi però, data l’intelligenza, data l’accortezza, si è ripreso. Ora, sembra tutto rientrato. Invece a Santarcangelo, per il sindaco Morri non c’è niente da fare. Ci sarà il voto a decidere i destini della terza città più importante della provincia di Rimini. Partito, non esiste. “Il partito non esiste più”. Confida uno tra i massimi dirigenti del Pd della provincia di Rimini. Questo ai primi di giugno. Qualche giorno prima che il sindaco di Misano Stefano Giannini fosse “sfiduciato” dal suo consiglio attraverso la mancanza del numero legale (senza la seduta va sospesa). Il 20 giugno, sul bilancio, è andata in affanno anche la giunta di Andrea Gnassi a Rimini. Un segnale forte. “Sarà anche bravo Gnassi, ma non ascolta nessuno. Lo tengono in vita per non andare al voto”. Altro commento da dentro il Pd, il suo partito: “Pensa di essere bravo, ma non lo è”. Che cosa sta avvenendo nelle sacre stanze del Pd? Semplice una lotta interna fatta di correnti e cordate? Dopo tutto, i suoi impallinarono anche Prodi come presidente della Repubblica. Una scena da bambini monelli. Prima gli promettono il voto, poi non mantengono la parola. Che galantuomini. Vatti a fidare di costoro.
Lino Gobbi (foto) è stato il penultimo segretario del Pd della provincia di Rimini. Persona onesta e preparata. Uno che sa che cos’è la questione morale di berlingueriana memoria. La sua chiave di lettura? Gobbi: “Il Pd non è riuscito a diventare un elemento di riferimento della nostra democrazia. Non riesce a dare una riposta alle necessità dei cittadini. O non è abbastanza forte per farlo. Non è colpa di qualcuno, è l’insieme che non funziona. La struttura amministrativa è diventata anche riferimento politico. Il partito dà il mandato al sindaco e costui raccoglie tutto. Il sindaco potrà anche essere bravo ma non riuscirà mai a fare le due cose”. Questa crisi del Pd è esplosa nel 2004, quando aveva ancora due anime: quella cattolica della Margherita e quella di sinistra dei Ds. A Cattolica, contro la volontà di tutti e tutto, grazie alla triangolazione di Bologna, venne scelto come candidato sindaco Piero Pazzaglini. Venne eletto, ma furono 5 anni di debolezza. Non ricandidato, si presentò in lizza nel 2009, un suo diritto, con una propria lista. In quella stessa tornata elettorale il centro-sinistra si giocò Saludecio, da sempre a sinistra. Il candidato doveva essere Giuseppe (Pino) Sanchini, ma il feudatario Ermanno Vichi scelse un suo uomo. Sanchini presentò una lista civica. Il centro-destra non portò il proprio candidato; conseguenza, Sanchini vinse. Poi ha ben governato e bissato nel 2009 con una montagna di suffragi. Nel 2009, altra emorragia. Il Pd si spacca e Gemmano; naturalmente va al centro-destra. Si ricompatta pochi mesi fa con Riziero Santi e riprende le redini del Comune. Poi c’è la storia di ieri. Due anni fa, il sindaco del Pd di Coriano, Luigina Matricardi, si dimette, più per ragioni personali che amministrative (lo sbandierato debito comunale). Dopo un anno di commissariamento, lo scorso anno, a Coriano, la sinistra va al voto con tre liste. Addio Comune. Gobbi: “In passato, il centro-sinistra per strada perdeva qualche consigliere ma mai le amministrazioni. Questa è una realtà nuova che va messa in evidenza. Il cittadino chiede alla politica un linguaggio nuovo che quest’ultima non riesce ad esprimere. C’è questo dualismo tra uomini di partito e amministratori quasi inconcepibile. Fare l’assessore o il sindaco è visto come un avanzamento; il ruolo politico si vive da serie B. Per me l’eccellenza è il pensiero. E’ lavorare nel partito. E’ stimolare la crescita dentro con la discussione e il confronto. Invece, al contrario, la corsa di chi fa politica è la corsa per diventare amministratore. E’ vero nelle giunte c’è il potere reale. Ma oggi, data la situazione economica, è l’uomo che taglia”. “Se ne esce – continua Gobbi – solo coinvolgendo le nuove generazioni. Bisogna ritornare alla politica come passione ed idealità e non farla per interesse. I giovani hanno bisogno della politica come dell’aria che si respira. La politica la fanno i bisogni ed oggi i bisogni ci sono. Dico ai giovani di partecipare in massa alla cosa pubblica; perché è solo così che si possono assicurare il futuro”.
Se Gobbi nutre speranza, un altro dirigente del Pd è sconsolato: “Il Pd è sfasciato. Non c’è una dirigenza all’altezza. Così non si governano più i cambiamenti. Se si continua così, ci saranno altre forze che si sovrapporranno: le lobby e gli interessi forti. Poiché le lobby di Rimini sono deboli, potrebbe arrivare lo straniero: Fiera, Palacongressi, aeroporto. Senza partiti si perde tutti”. © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’INTERVISTA AD UN POLITICO DEL PD
“Non parlo più di politica, data l’età. E poi lo avevo promesso. Non sarei serio”. Lo afferma un politico del Pd di gran lignaggio con la passione per la racchetta, la vela e il ragionamento. Dalla metà degli anni Ottanta ha menato le danze a Rimini e non solo. “Uno come lei non può sottrarsi…”. “Va bene, ma senza nomi e cognomi”. “Ok, parola di scout”. “Le giunte saltano, perché la struttura territoriale del partito non è stata in grado di rinnovarsi. E’ diventata col tempo una macchina per costruire carriere, posti, ad ogni livello. Così quando devi selezionare una classe dirigente, se passa la struttura territoriale non c’è più dibattito, confronto. Se le strutture non sono aperte, non fanno altro che diventare delle macchine di consenso, indipendentemente dalle primarie. Perché è la stessa struttura che porta la gente a votare. Così c’è la balcanizzazione della politica. Siccome il Pd non ha i mezzi di comunicazione di Berlusconi, punta sulle strutture territoriali per raccogliere il consenso”. Come uscirne? “Pur non essendo renziano, credo che il sindaco di Firenze sarà utile. Smana la veglia, come si dice da noi. Cioè cambia il quadro. I congressi si giocheranno sui valori e sulle proposte per attirare consenso e questo può essere utile”. Come si è giunti in questo vicolo cieco? “La prima ragione è il rafforzamento dei sindaci attraverso la legge dei sindaci. Hanno un potere immenso quello di sciogliere il consiglio comunale. All’opposto, in proporzione, ha corrisposto l’indebolimento dei partiti. Nel conflitto tra le due parte prevale il sindaco. C’è, tuttavia, una componente non secondaria; con la nuova legge i consiglieri comunali avrebbero potuto indirizzare l’amministrazione e fare la verifica. Cosa che non avviene mai”. E a Rimini? “Nella nostra provincia tutto si amplifica perché la politica non ha a che fare con un blocco dirigente egemone, tipo la Confindustria a Parma. Così da noi nessuno dà il senso di marcia della comunità. Questa frammentazione di forze si riflette poi sui partiti”.
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