Tratto da lavoce.info
DI MASSIMO TADDEI, editor e responsabile del desk editoriale de lavoce.info.
Il Movimento 5 Stelle propone nel proprio programma di rendere strutturale Decontribuzione Sud, una politica per la riduzione del costo del lavoro nel Mezzogiorno. Nel 2021 è costata tre miliardi di euro, ma dai dati a disposizione non sembra aver funzionato a dovere.
Il programma del Movimento 5 Stelle per le elezioni politiche, nella sezione dedicata a lavoro e welfare, propone di stabilizzare l’incentivo Decontribuzione Sud, per “proteggere e creare nuovi posti di lavoro nel Mezzogiorno”. Il partito di Giuseppe Conte ha un forte radicamento nel Sud Italia e quella di incentivare l’occupazione in un’area svantaggiata sembrerebbe essere una buona idea. Ma investire risorse in una politica di questo tipo ha davvero un impatto positivo?
Come funziona Decontribuzione Sud
L’incentivo è stato introdotto a ottobre 2020 e aveva l’obiettivo di offrire un sostegno all’occupazione nelle aree più svantaggiate del paese per aiutarle a riprendersi dopo la pandemia. Per chi vi aderisce, è prevista una riduzione del 30 per cento sui contributi fino al 2025. Lo sconto cala al 20 per cento nel 2026 e nel 2027 e, infine, al 10 per cento nel 2028 e nel 2029. Non ci sono vincoli particolari per ottenere l’agevolazione, tanto che, virtualmente, il beneficio poteva riguardare tutti i rapporti di lavoro al Sud: la misura può infatti essere applicata a qualsiasi tipo di contratto, anche precario, e non richiede che l’occupazione complessiva dell’impresa che ne usufruisce debba aumentare. Una parte consistente delle agevolazioni è infatti stata utilizzata per rapporti di lavoro già instaurati presso le imprese richiedenti.
Secondo i dati contenuti nel XXI Rapporto Annuale Inps, nel 2021 l’agevolazione ha riguardato 2 milioni e 700 mila rapporti di lavoro, per una spesa di quasi 3 miliardi di euro (il 42 per cento della spesa in agevolazioni all’occupazione nell’anno). Di questi, solo 1 milione e 200 mila sono nuove attivazioni, mentre il restante 56 per cento dei rapporti era già stato attivato prima dell’introduzione dell’incentivo.
L’analisi d’impatto della misura
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Sempre all’interno del proprio rapporto annuale, l’Inps ha dedicato ampio spazio a un’analisi d’impatto di varie forme di decontribuzione (in particolare, anche quelle rivolte a giovani e donne). È possibile quindi valutare gli effetti dei 3 miliardi spesi nel 2021 per Decontribuzione Sud.
Da una prima analisi che mette a confronto la macroregione Sud con il Centro, emerge un impatto occupazionale positivo dell’incentivo, anche se piuttosto limitato (Figura 1). Prima dell’introduzione della misura (linea rossa verticale), le tendenze occupazionali nelle due macroregioni erano simili, per poi separarsi, a beneficio del Sud, nei mesi successivi all’introduzione.
Figura 1 – Dinamica occupazione nel Sud e nel Centro prima e dopo l’introduzione di Decontribuzione Sud
Fonte: XXI Rapporto Annuale Inps.
Si potrebbe però obiettare che le due aree possono essere molto diverse tra loro, per struttura produttiva, occupazionale, condizioni economiche in generale. Lo studio Inps si concentra allora sul confronto tra province simili e confinanti all’interno delle due aree. In particolare, per il Centro ci si concentra su Ascoli-Piceno, Rieti, Frosinone e Latina, mentre al Sud le province prese in esame sono Caserta, Isernia, l’Aquila e Teramo. Concentrando il confronto su questo gruppo di province simili, il presunto effetto positivo della decontribuzione si riduce di molto e risulta positivo solo nell’ultima parte dell’anno (Figura 2). Stime quantitative ancora più robuste mostrano che l’effetto della misura è stato addirittura nullo.
Un incentivo poco efficace
Nel 2021, il 36,5 per cento dei posti di lavoro nel Mezzogiorno (escludendo il settore finanziario) ha beneficiato di Decontribuzione Sud, per una spesa di circa 1.100 euro per ciascun posto di lavoro interessato dalla misura. L’impatto sull’occupazione, però, secondo le stime dell’Inps, è stato nullo o quasi.
Inoltre, la quasi totale mancanza di condizionalità per l’ottenimento dell’incentivo, a partire dal fatto che potesse applicarsi anche a contratti molto precari, oltre a non favorire particolarmente la crescita dei posti di lavoro, non ha nemmeno contribuito a migliorare la qualità dell’occupazione al Sud, se non con eventuale emersione di lavoro nero. Questo approccio poteva essere giustificato dalla situazione di emergenza immediatamente successiva alla pandemia, ma non all’interno di un piano di incentivi che dovrebbe andare avanti per tutto il decennio o che si voglia rendere strutturale come nelle intenzioni del Movimento 5 Stelle.
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Lo strumento della decontribuzione non è necessariamente sbagliato. Nel rapporto Inps si citano anche esempi positivi, per esempio per quanto riguarda gli incentivi a giovani e donne, seppur sempre molto costosi. Occorre però ridisegnare lo strumento per evitare alcune delle principali criticità.
Ridurre il divario Nord-Sud deve essere una priorità per il nostro paese, ma la decontribuzione, così come è stata attuata finora, non sembra essere lo strumento giusto per raggiungere l’obiettivo.
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