Tratto da lavoce.info
DI FLAVIO CALVINO,
STEFANO DESANTIS, ISABELLE DESNOYERS-JAMES,
SARA FORMAI,
ILARIA GORETTI,
SILVIA LOMBARDI,
FRANCESCO MANARESI
E GIULIO PERANI
Le imprese italiane sono poco digitalizzate. Pur quando sono presenti, le tecnologie producono bassi rendimenti. Molto dipende dalla scarsa qualità del capitale umano di lavoratori e manager. E ciò influenza anche l’efficacia degli incentivi pubblici.
La digitalizzazione delle imprese italiane
La digitalizzazione è un fattore chiave per la crescita della produttività nelle economie moderne. Eppure, la sua diffusione disuguale tra le imprese ha aumentato la dispersione della produttività, contribuendo al rallentamento dello sviluppo economico e all’incremento delle disuguaglianze salariali.
Queste tendenze sono particolarmente preoccupanti per l’Italia, che negli ultimi 25 anni ha mostrato un crescente divario nell’adozione delle tecnologie digitali e negli investimenti immateriali rispetto agli altri paesi Ocse e una dinamica stagnante della produttività aggregata.
In un recente studio, abbiamo analizzato le cause del divario digitale italiano sfruttando un database che integra informazioni a livello d’impresa sull’adozione tecnologica, la performance aziendale, l’utilizzo di politiche e incentivi per la digitalizzazione con dati sull’istruzione dei lavoratori e dei manager.
L’analisi prende in considerazione una moltitudine di fattori, sia interni alle imprese che di contesto, che spiegano il divario digitale italiano, tra cui gli investimenti in beni intangibili e l’accesso al credito. Qui ci concentriamo sui due elementi che l’analisi mostra essere fondamentali per favorire la digitalizzazione, in particolare tra le piccole e medie imprese: il capitale umano dei lavoratori e le capacità manageriali.
Le imprese con lavoratori più qualificati (che identifichiamo come quelli laureati) mostrano tassi di adozione delle tecnologie digitali più elevati e realizzano maggiori incrementi di produttività legati all’adozione di queste tecnologie, specialmente se si tratta di micro e piccole aziende. Le importanti complementarietà tra lavoratori qualificati e tecnologie digitali avanzate sono confermate da un’analisi basata su stime della funzione di produzione.
Anche la qualità dei manager è cruciale: le imprese con dirigenti laureati hanno più elevati rendimenti associati alle tecnologie digitali e più forti complementarietà tra le tecnologie e la forza lavoro qualificata. Manager più qualificati sono dunque più in grado di gestire congiuntamente tutti gli input coinvolti nella trasformazione digitale.
Il divario Nord-Sud
I nostri risultati hanno rilevanti implicazioni per i differenziali Nord-Sud: la complementarietà tra lavoratori laureati e tecnologie è significativamente più bassa per le imprese del Meridione e almeno un terzo del divario può essere spiegato dalla minore qualità del management aziendale.
Il capitale umano di lavoratori e manager è cruciale per rafforzare l’efficacia delle politiche per la digitalizzazione delle imprese. Nello studio ci siamo concentrati su due interventi pubblici: lo sviluppo della banda ultra-larga e l’introduzione dell’iperammortamento.
Analizzando gli effetti della diffusione della banda ultra-larga tra i comuni italiani nel periodo 2012-2018, si osserva come tale infrastruttura abbia favorito mediamente solo l’adozione di tecnologie meno avanzate (come i servizi cloud e il software gestionali), con effetti pressoché nulli sulla produttività delle imprese. Quando però la banda ultra-larga raggiunge imprese con forza lavoro qualificata favorisce l’adozione di tecnologie più avanzate (come big data, Internet-of-Things e automazione avanzata), migliorando la produttività.
Quanto all’iperammortamento, l’analisi mostra come abbia aumentato l’adozione di tecnologie digitali avanzate da parte delle imprese italiane, con effetti positivi su fatturato, occupazione e produttività. Tuttavia, la mancanza di manager qualificati ha fortemente limitato l’impatto della politica tra le imprese più piccole. In particolare, la Figura 1 riporta la stima degli effetti dell’incentivo sulla produttività del lavoro, distinguendo le imprese per classi di addetti e a seconda del livello di istruzione dei manager: gli effetti sono significativamente più elevati nelle Pmi con manager qualificati.
Nota: coefficienti di una regressione ProdLav = 1(Iper = 1) × ClasseDimens × ManagerEducTerz + + . Le regressioni includono effetti fissi () settore-dimensione-età-regione, le osservazioni sono pesate per il loro propensity score.
Questi risultati suggeriscono che la digitalizzazione delle imprese italiane – uno degli obiettivi primari del Piano nazionale di ripresa e resilienza – non può essere sostenuta soltanto da incentivi fiscali o da investimenti infrastrutturali: tali interventi devono essere integrati con politiche volte a migliorare le capacità di manager e lavoratori.
Il fattore istruzione
Importante è dunque lo sviluppo di un sistema d’istruzione di alta qualità. Sfruttando i dati sulla localizzazione degli atenei sul territorio italiano, l’analisi mostra ad esempio come la presenza di corsi Stem si associ a una più elevata complementarietà tra lavoratori qualificati e tecnologie digitali.
Colmare il divario digitale delle imprese italiane richiede un rinnovato sforzo nel mondo post-pandemico. Il Pnrr ha stanziato ingenti risorse per la digitalizzazione, l’innovazione e la competitività delle imprese. L’efficacia di questi e di futuri interventi dipenderà in modo cruciale dalla capacità di sviluppare, modulare e attuare un pacchetto di politiche pubbliche complementari, che integri gli incentivi all’adozione delle tecnologie e gli investimenti infrastrutturali con interventi per migliorare le competenze digitali della forza lavoro e le capacità dei manager.
*Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire agli autori e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.
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