Nell’ottobre del 1972 usciva nelle sale La prima notte di quiete, il più riminese dei film ambientati a Rimini. Un capolavoro di Valerio Zurlini molto caro ai riminesi, che propone l’immagine un po’ malinconica della città, immersa nelle nebbie e nell’umidità salmastra dell’autunno, lontana dai luoghi comuni per cui era nota come capitale italiana del turismo balneare.
Le immagini e le atmosfere di quel film, che ha avuto per protagonisti attori allora famosissimi (oltre Alain Delon, Sonia Petrovna, Giancarlo Giannini, Adalberto Maria Merli, Alida Valli, Lea Massari, Salvo Randone, Renato Salvatori), si possono rivivere venerdì 9 agosto nell’ambito della rassegna cinematografica all’aperto Agostiniani 2024, nella nuova sezione Back to the screen che propone sul grande schermo alcune pellicole tornate a nuova vita che hanno segnato l’immaginario di generazioni di spettatori, restaurate o rimasterizzate, presentate ogni volta da un testimonial.
L’introduzione del film sarà affidata allo storico e critico d’arte Alessandro Giovanardi che anticipa i 7 motivi per cui vale la pena andare a vedere questo capolavoro:
1. Il film (1972), restaurato nel 2019, è un mito “riminese” al contrario, ambientato in una città autunnale, per nulla festosa, cinica e immersa spiritualmente in uno spleen provinciale, denso come la nebbia e l’umidità salmastra che avvolgono gli edifici e i paesaggi. Similmente ai romanzi di Pier Vittorio Tondelli, il film estende la ricca scenografia urbana sulla costa della provincia e oltre, verso l’entroterra e le Marche: Rimini, Riccione, Misano Adriatico (il villaggio/darsena suggestivo e artificiale di Porto Verde), Cattolica e così altri luoghi della Riviera romagnola, e ancora la Pieve di Ponte Messa di Pennabilli in Valmarecchia (che sostituisce la chiesa toscana di Monterchi), Ancona.
2. Valerio Zurlini (Bologna, 19 marzo 1926 – Verona, 26 ottobre 1982), regista tra i più colti e raffinati d’Europa, è autore anche di Estate violenta, del 1959, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, nella Riccione del fatale 1943 (anche al Grand Hotel di Riccione).
3. Zurlini era un cultore di poesia e arte. Celebre la sua interpretazione dal Deserto dei tartari di Dino Buzzati del 1976, il suo ultimo film. La prima notte di quiete cita, fin dal titolo, Goethe, e intesse in modo geniale l’immagine della Madonna del Parto di Piero della Francesca al XXXIII canto del Paradiso, della Commedia di Dante. Il protagonista Daniele Dominici (interpretato da Alain Delon), è l’autore di un libro di poesie dedicato a una ragazza poi suicida. Intende spiegare la bellezza di Petrarca. Vanina Abati, è esplicitamente ricordata come omonima di Vanina Vanini, protagonista di un racconto drammatico di Stendhal ambientato nel primo risorgimento italiano. Il romanziere francese come il regista italiano guardano con distacco le passioni politiche per concentrarsi sul dramma interiore, romantico ed esistenziale dei protagonisti
4. Dice Dominici: “Mi annoia tanto vale che ve lo dica subito, per me neri o rossi siete tutti uguali, i neri sono più cretini”. La propensione per il romanticismo esistenziale e tragico, radicalmente impolitico, ha reso Zurlini avverso a una critica militante di sinistra che richiedeva un impegno ideologico e sociale preciso e netto (un giudizio non ancora superato negli anni Novanta).
5. Per influenza di Alain Delon, la versione francese del film subì alcuni tagli di cui l’attore, più tardi, si pentì. Zurlini e Delon, il quale comunque amava molto il suo personaggio, non andavano d’accordo. Delon affermò che fu una delle più intense interpretazioni della sua carriera.
6. La bellissima, enigmatica protagonista femminile, Sonia Petrova, fu segnalata al regista da Giancarlo Giannini, che l’aveva notata a Londra, dove danzava come ballerina classica. Di quell’arte trasfonde nel film insieme il pathos e, in un certo modo, l’aristocratico distacco della donna, la misteriosa e irrecuperabile lontananza. Di contro Giannini (Giorgio Mosca detto Spider), è colui che dietro al cinismo, si rivela davvero empatico e compassionevole verso Dominici, ne condivide la cultura, la superiorità e la sensibilità intellettuali; solo l’amicizia, non l’amore redime il tempo e la memoria, ma niente può cancellare l’infelicità.
7. La Rimini dei “vitelloni” ritratta nel film, rimanda a un universo invernale e nascosto di commercianti, antiquari, biscazzieri e giocatori d’azzardo realmente presenti nel territorio riminese e riccionese negli anni Sessanta e Settanta, di cui si ha una traccia recente nei volumi di Massimo Pulini e Nevio Monaco.