RIMINI – Battezzato come “il predatore di Novafeltria”, quello che nel settembre 2010 Paolo Giordani (foto) ha trovato presso la cava di “Monte Ceti” e che il 4 ottobre 2010 il geologo Loris Bagli ha segnalato al Museo della Regina di Cattolica è sostanzialmente ancora qualcosa di sconosciuto. Più che comprensibile. Stiamo parlando del cranio fossilizzato (diam. max cm 60 x 30) di un vertebrato, molto probabilmente un rettile ma che ancora deve essere liberato dai sedimenti che lo avvolgono. In ogni caso pare sia una “meravigliosa creatura” vissuta nel Mesozoico quindi qualcosa come 90 e i 65 milioni di anni fa. Sono due (forse anche più) gli interrogativi che aleggiavano questa mattina nel corso della presentazione ufficiale delle immagini del preziosissimo reperto. Uno: a quale vertebrato appartenga il cranio e a quale periodo geologico si riferisce. Due: come garantire la miglior conservazione del reperto, il luogo e tipo di restauro necessari, il tutto rapportato all’analisi dei costi. Per il momento si è deciso che a condurre l’analisi del pezzo e il suo restauro sia il dott. Federico Fanti, paleontologo del Museo Capellini e dottorando presso la Facoltà di Geologia, esperto e impegnato in numerosi scavi e ricerche dedicate ai dinosauri. Per questo, il resto fossile sarà trasferito a Bologna, presso il Museo Capellini. Speriamo di poterlo vedere presto in tutto il suo splendore. (Do.Ch.)
Il fossile di Monte Ceti.
di Federico Fanti *
Nonostante i numerosi reperti paleontologici rinvenuti nella medesima area e lungo diversi tratti della Val Marecchia, il reperto era apparso da subito molto più antico di ogni altro ritrovamento nella zona. Le analisi preliminari condotte sul reperto prima da parte del Prof. Benedetto Sala (Ferrara) e poi da paleontologi esperti in vertebrati fossili del periodo Mesozoico del Museo Capellini di Bologna hanno confermato che le rocce argillose, depositate sul fondo di un antico oceano, che hanno preservato il reperto fino ai giorni nostri risalgono ad un periodo compreso tra 90 e 65 milioni di anni fa. Inoltre, alcune caratteristiche uniche del reperto hanno fornito alcuni dettagli fondamentali per identificarlo: il cranio massiccio, denti lunghi fino a 15 cm e mandibole incredibilmente robuste sono tutte caratteristiche di un grande predatore che viveva nel vasto mare che un tempo separava Africa e Europa, ben prima della “nascita” dell’Italia che conosciamo oggi. Un reperto più unico che raro, che certamente fornirà importanti informazioni su un mondo scomparso da milioni di anni. Grazie all’intervento tempestivo del Museo di Cattolica, grazie alla collaborazione di diverse istituzioni (Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, Provincia di Rimini, Comuni di Cattolica e di Novafeltria) il fortunato ritrovamento avrà un seguito. Sarà il dott. Federico Fanti, del Museo Capellini dell’Università di Bologna, esperto e impegnato in numerosi scavi e ricerche dedicate ai dinosauri, a condurre l’analisi del pezzo e il suo restauro. Per ovvi motivi logistici, il resto fossile sarà provvisoriamente trasferito a Bologna per essere preparato e studiato. Terminate le ricerche, e una volta conosciuta la vera identità di questo grande predatore, il fossile costituirà una attrazione di primo livello e sarà l’oggetto di mostre dedicate sul territorio regionale.
*Federico Fanti
Università di Bologna / Museo Capellini