Tratto da lavoce.info
DI ANTONIO MASSARUTTO, professore associato di Economia Applicata presso l’Università di Udine
La fine del mercato tutelato dell’energia ha scatenato una gara di chiamate telefoniche indesiderate che promettono contratti mirabolanti. Per il successo della liberalizzazione, servono regole chiare e costruite su misura dell’utente più sprovveduto.
Il telemarketing esasperato
Se molti italiani sono ancora diffidenti sulle opportunità offerte dal mercato libero dell’energia elettrica, la responsabilità è anche dell’invadenza del “telemarketing”, soprattutto telefonico. Se ne parla poco, mentre invece è centrale.
La fine del mercato tutelato ha scatenato una gara di chiamate indesiderate a ogni ora del giorno (e spesso anche della notte). Alberi degli zecchini d’oro carichi di chilowattora sono pronti ad accoglierci, se solo decidiamo di aderire alle generose offerte che voci dall’italiano spesso traballante ci sciorinano senza posa, infastidendosi se uno prova a interromperle o chiede chiarimenti. Basta un “sì”, detto magari per rispondere a un’altra domanda, per essere inchiodati a un’offerta dalla quale ci si potrà liberare solo a suon di lettere dell’avvocato.
Molti di questi sono truffatori autentici. Molti altri sono broker e intermediari di cui le compagnie energetiche si avvalgono, senza dirlo troppo ad alta voce, perché anche a loro fa comodo accalappiare qualche gonzo propinandogli condizioni-capestro; se butta male, potranno sempre far finta di non conoscerli. Le regole sembrano fatte apposta per proteggerli. Se li mandi a quel paese in malo modo come si meritano, passi pure dalla parte del torto. E così anche quei pochi operatori seri, che ti chiamano dal loro call center istituzionale e ti salutano dandoti il “lei”, finiscono per confondersi nella marmaglia generalizzata degli impostori. Un “mercato dei bidoni” che avrebbe fatto la gioia di George Akerlof.
Le vittime preferite sono, ovviamente, gli anziani. Ma anche i giovani, pure alfabetizzati a sufficienza, possono facilmente cadere preda degli imbonitori, vuoi perché non hanno avuto tempo di documentarsi, vuoi perché i termini da analizzare sono effettivamente complessi, vuoi perché presi in contropiede mentre impegnati in altro.
Se il legislatore ha a cuore il successo della liberalizzazione, deve stroncare simili storture, con regole che siano costruite su misura dell’utente più sprovveduto. Non basta scrivere chiaramente i contratti secondo regole standard definite dal regolatore, lunghe decine di pagine, scritte in caratteri microscopici e con linguaggio da azzeccagarbugli. Non basta dettare norme di trasparenza nella costruzione della bolletta – che spesso aggiungono solo confusione, dando per scontato che l’utente abbia chiari i meccanismi con cui funziona il mercato. Non bastano la pubblicità istituzionale, i tutorial; non basta che “la massima autorità” (con le sembianze nientemeno che di Alessandro Volta) ci inviti a usare il suo comparatore di prezzi. Ora Arera ha cambiato spot, scegliendo di presentarsi in veste di consulente con un’immagine meno assertiva e più familiare, ma dubito che basterà, specie se nella maggioranza dei casi continueremo a non ritrovare sul sito degli operatori le condizioni che l’inventore della pila ci aveva presentato. Nel nuovo spot, Arera ci invita a non chiedere informazioni al gatto di casa: purtroppo è proprio il gatto (con la sua socia, la volpe) a telefonarci con tanta petulanza.
Le regole da stabilire
Partiamo da un fatto. I contratti di fornitura di energia elettrica sono abbastanza complessi. Certo, niente che non sia alla portata di chi ha studiato almeno fino alla terza media. Non più che stipulare un’assicurazione Rc-auto o acquistare un paio di scarpe su Amazon. Ma comunque sono sufficientemente complessi da meritare un esame attento e basato su un testo scritto. Chi afferma che per chiarire le condizioni contrattuali all’utente basti la voce insistente (e non di rado sgarbata) di qualche pifferaio telefonico, mente sapendo di mentire.
Dunque, si cominci con il fare una cosa molto semplice: si decreti la nullità di ogni contratto per la somministrazione di luce e gas stipulato attraverso semplici accordi telefonici. Si stabilisca che l’unico canale autorizzato sia lo sportello del venditore, fisico o elettronico, o al limite un broker fisico che operi su mandato del venditore. Il telefono serva unicamente a prendere contatto con il cliente indirizzandolo presso i punti vendita autorizzati. Basterebbe questo per fare uscire di scena almeno i call center farlocchi.
Punto secondo: gli operatori truffaldini sono soliti mascherare il numero da cui chiamano, facendone comparire uno diverso e inesistente; i più sofisticati riescono a fare apparire un numero noto presente nella rubrica del destinatario. Ebbene, si obblighino gli operatori che vogliono accreditarsi per operare sul mercato a servirsi solo di numeri tracciabili, e si mettano in atto sistemi per interdire lo spoofing – è così che si chiama la pratica truffaldina: molti paesi europei già li usano. Così come si potrebbe invertire l’onere del consenso: invece di chiamare impunemente chi non è iscritto al registro delle opposizioni (notoriamente inefficace), si sostituisca quest’ultimo con un “registro dei consensi” pubblico, dal quale si possa anche facilmente uscire se malauguratamente qualcuno ci si ritrova.
Per fare ciò, occorre mettersi contro gli interessi dei call center, che hanno alzato un muro contro ogni ipotesi legislativa di regolamentarne l’operato, in nome della libertà di impresa. Come se quello di invadere casa altrui di pubblicità indesiderata fosse un diritto costituzionale. Se il governo è interessato al successo della liberalizzazione del mercato energetico (ma anche al quieto vivere di tutti noi), non si potrà farne a meno.
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Infine, si regolamenti l’attività dei broker. Che possono svolgere un’utile funzione di consulenza imparziale, a patto che questa sia chiaramente distinta dal ruolo del venditore, e a patto che, comunque vada, sia il venditore ad assumere la piena responsabilità contrattuale, senza poterla scaricare sull’intermediario. Si vieti, già che ci siamo, il brokeraggio “porta a porta”, con tutta la corte dei miracoli di finti letturisti, stabilendo regole che tutelino l’utente, ad esempio una richiesta preventiva di appuntamento tramite un contatto tracciabile.
Si istituisca infine un “difensore civico” – il solito Alessandro Volta, ma va bene anche la Fata Turchina – cui il cittadino turlupinato possa rivolgersi, gratuitamente, per far cessare contratti di fornitura estorti con dolo, stabilendo un congruo risarcimento del danno a beneficio del turlupinato.
Il primo passo perché i cittadini prendano confidenza con il mercato energetico è che vi si accostino con fiducia. Altrimenti, non meravigliamoci se molta gente al Far West preferisce il calduccio del mercato tutelato, dove forse spenderà qualche euro in più, ma sarà garantito contro le brutte sorprese.
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