Due giorni dedicati al vino, all’agricoltura e all’economia del settore agroalimentare. Tra pochi giorni si svolgerà infatti a Faenza “Enologica” (16-17 novembre), il Salone del vino e del prodotto tipico dell’Emilia Romagna. Ma prima di portare alla bocca i calici, gli organizzatori hanno pensato bene di presentare questa mattina i risultati di una ricerca Nomisma dal titolo “I consumatori Italiani e l’agroalimentare. Il caso dell’Emilia Romagna” curata da Denis Pantini. Studio che tenta anche di rispondere ad una domanda: c’è un nuovo modello di filiera del cibo?
Partamo dagli aspetti positivi. Il comparto agroalimentare italiano sembra muoversi in modo anticiclico: in particolare in Emilia Romagna. Crescono volume di produzione, fatturato e, soprattutto, esportazioni. In questa regione nel 2011 la filiera del cibo ha prodotto un fatturato alimentare di 26,2 miliardi di euro, valore corrispondente al 12% dell’intera PLV italiana e al 20% del fatturato dell’intera industria alimentare nazionale, con dinamiche di fatturato delle imprese agricole e alimentari superiori a quelle medie nazionali. Il trend positivo – si legge nei risultati della ricerca- si riflette anche nell’export: nel 1° semestre del 2012 il volume delle esportazioni è cresciuto con un tasso d’incremento superiore da parte delle imprese regionali rispetto alla media nazionale: +6% contro +4,7%. Questa migliore performance delle imprese regionali in tema di esportazioni deriva principalmente da un incremento nell’export di vini e bevande che nel I° semestre 2012 ha registrato – rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – un + 16% rispetto ad un aumento che a livello nazionale si è fermato ad un +7%. Questo sviluppo del vino emiliano romagnolo sui mercati esteri è stato trainato dalle imprese cooperative, il cui peso sul fatturato del settore è pari al 60%, in crescita di circa il 24% dal 2005 (rispetto ad un +13%registrato dalla media delle imprese vinicole regionali).
Rispetto invece alla propensione e ai comportamenti di acquisto – sempre secondo Nomisma – i consumatori italiani riconoscono e apprezzano i prodotti agroalimentari dell’Emilia Romagna: il 48,9% del campione li considera di qualità più elevata rispetto a quelli delle altre regioni, il 48,6% uguale o quasi uguale e solo lo 0,2% più bassa. Il 33,1% delle persone si dichiara disposta a pagare fino il 5% in più del prezzo per acquistarli, il 21% di loro si spinge fino a un rialzo che arriva al 10% del prezzo. I dati indicano una forte propensione all’acquisto di prodotti con origine certa, regionali e garantiti da marchi DOP e IGP e i prodotti agroalimentari della regione sono considerati i migliori del nostro Paese.
La situazione però cambia quando il focus si sposta sul vino. A fronte di una forte crescita nella produzione e nell’esportazione, il vino dell’Emilia Romagna non è ancora tra quelli maggiormente premiati dai consumatori italiani. La qualità percepita è uguale o quasi uguale a quella dei vini delle altre regioni italiane (72,9%), il 66,6% del campione non è disposto a pagare nessuna differenza di prezzo (anche se il 21,6% è disposto a pagare il 5% in più), e soprattutto il vino dell’Emilia Romagna è solo settimo con un 6% di scelta, nelle preferenze dell’origine regionale del prodotto. Classifica condotta da Piemonte, seguito da Toscana, Sicilia, Veneto, Campania e Puglia.
Il lavoro svolto sotto l’egida di Nomisma, ho voluto toccare anche il sistema cooperativo per verificare quale sia la percezione dei suoi valori da parte del pubblico. Il ruolo socioeconomico di prim’ordine detenuto dalla cooperazione nel sistema agroalimentare regionale sembra non essere pienamente percepito dalla popolazione, come dimostrano i risultati dell’indagine. Sebbene risulti elevata la conoscenza di marchi di prodotti alimentari detenuti da cooperative (come Granarolo, Valfrutta, Amadori, Yomo, Melinda, Orogel, Tavernello, conosciuti da oltre l’80% dei consumatori), solamente il 16% degli intervistati sa che questi appartengono effettivamente a cooperative (un 41% di consumatori pensa siano di società per azioni). Eppure la gran parte gli intervistati si riconosce nei valori cooperativi (valorizzazione prodotti del territorio, sviluppo locale, ripartizione degli utili tra gli agricoltori, gestione democratica e solidale dell’azienda, ecc.), ritenendoli molto importanti: il 57,5% delle persone considera molto importante che la gestione dell’azienda si basi su equità, solidarietà, eguaglianza, che l’azienda sia governata da agricoltori è molto importante per il 43%, abbastanza per il 39,9 % e il 61% del campione conosce realtà cooperative che operano in questo modo. Una “coscienza cooperativa” maggiormente fatta propria dalla popolazione meno giovane (con più di 30 anni) e del Sud Italia.
La parte economica non è certo marginale, nessuno lungo la filiera può prescindere da questi aspetti. In Emilia Romagna l’export vinicolo vola. Dal 2005 a oggi cresciuto in valore dell’87%. Merito anche dei livelli qualitativi raggiunti dalle imprese cooperative, come nel caso del successo internazionale del Lambrusco, il cui peso sul fatturato del settore è pari al 60%, in crescita di circa il 24% sempre dal 2005, rispetto a comunque positivo +13% registrato dalla media delle imprese vinicole regionali. Ma a poca distanza troviamo i dati riferiti a un altro settore dove il ruolo della cooperazione completa il modello produttivo della regione: il sistema dei prodotti di qualità DOP e IGP. Tale sistema regionale certificato (composto da 33 prodotti) vale circa 2,6 miliardi (fatturato alla produzione) e rappresenta il 43% del valore complessivo riconducibile alle oltre 200 indicazioni geografiche riconosciute all’Italia.Tra i principali prodotti Dop/Igp regionali figura il Parmigiano-Reggiano, responsabile per il 38% del fatturato complessivo del paniere tutelato regionale: il 70% della produzione di questa Dop è, infatti, riconducibile a imprese cooperative. L’82% del campione è a conoscenza di questa origine cooperativa, così come il 69,7% degli intervistati si dichiara a conoscenza della gestione cooperativa di oltre il 50% della produzione ortofrutticola della regione e il 67,3% sa che oltre il 60% dei vini emiliano romagnoli sono prodotti e commercializzati da cantine cooperative.