Da anni si dibatte sul potenziale ruolo dell’Italia quale collettore e via di trasporto del gas dal Mediterraneo all’Europa. La crisi ucraina potrebbe accelerare questo processo, favorendo lo sviluppo economico del nostro paese e l’affrancamento dell’Europa dal gas russo.
Per la conformazione geografica dell’Italia quale ponte naturale tra il Centro Europa e l’Africa Mediterranea, è stato auspicato più volte che il nostro paese possa diventare il collettore e la via di trasporto del gas verso l’Europa fungendo da vero e proprio hub. Tenendo presente l’attuale quadro geopolitico è lecito chiedersi se la crisi dell’Ucraina stia accelerando questo processo e se esistano le condizioni per influire significativamente sul processo di indipendenza dal gas russo. Le informazioni apparse sulla stampa nazionale sembrano indicare concretamente che ci stiamo incamminando verso questa direzione. Un esempio è la notizia della firma del protocollo d’intesa tra la Commissione europea e l’Azerbaijan che prevede l’estensione e l’utilizzo del gasdotto Tap per il trasporto di gas azero verso l’Unione europea attraverso l’Italia. Se veramente l’Italia diventasse il collettore del gas per l’Europa, acquisterebbe un ruolo strategico che potrebbe portare notevoli vantaggi al nostro paese, come l’impulso alle imprese coinvolte ed il prezzo più basso del gas per gli utenti finali.
Il sistema italiano di approvvigionamento del gas
Il sistema di approvvigionamento del gas può essere suddiviso in base alla forma di trasporto, ossia tramite gasdotti o tramite trasporto via nave di gas liquefatto (Lng) e successiva rigassificazione. Entrambi i sistemi presentano vantaggi e svantaggi. La costruzione di gasdotti richiede investimenti enormi che possono essere ammortizzati solo mediante trasporto pluriennale di enormi quantità di gas; da un lato ciò costituisce – nel bene e nel male – un vincolo sia per il paese esportatore che per quello importatore, dall’altro le enormi economie di scala garantiscono bassi costi medi di trasporto. L’acquisto di gas liquefatto comporta, al contrario, costi medi più elevati dovuti al trasporto ed alla rigassificazione, ma garantisce anche maggiore flessibilità nella scelta dei fornitori. Ne consegue che si fa ricorso ai gasdotti per garantire il grosso delle forniture stabili ed al gas liquefatto per rispondere a picchi improvvisi o stagionali della domanda o a shock dell’offerta (come nel caso dell’interruzione delle forniture russe).
Gasdotti
I sistemi che collegano l’Italia con l’estero sono cinque: due con l’Europa, due con il nord Africa ed uno con l’Azerbaijan. I collegamenti con la Svizzera (Passo Gries) e l’Austria (Tarvisio) sono stati originariamente pensati rispettivamente per trasportare in Italia il gas dal Nord Europa e dalla Russia, ma da alcuni anni entrambi sono stati modificati per permettere flussi in entrambe le direzioni. Ciò potrebbe consentire all’Italia di esportare in Europa il gas importato.
In entrata dal Nord Africa il sistema principale è il TransMed che collega l’Algeria all’Italia ed ha una capacità massima di 30 miliardi di metri cubi annui (Billion Cubic Meters – Bcm). Il secondo sistema è il Green Stream che collega la Libia all’Italia ed è caratterizzato da una capacità di 8 Bcm. Il gas dell’Azerbaijan arriva in Italia tramite Trans Adriatic Pipeline (Tap) ed ha una capacità di 10 Bcm annui. Nel 2021, l’autorità italiana Arera ne ha approvato l’espansione comunemente stimata in ulteriori 10 Bcm e dovrebbe essere completata entro il 2026. Al contrario, l’espansione del TransMed e/o del Greenstream è incerta se non improbabile, vista l’assenza di ulteriori riserve certificate che possano giustificare economicamente l’ingente investimento necessario a potenziare la rete di gasdotti.
Le recenti notevoli scoperte di gas nel mediterraneo orientale – ed in particolare nelle acque al largo di Israele, Cipro ed Egitto – sono, invece, tali da giustificare la creazione di un nuovo sistema di trasporto. Nelle intenzioni del consorzio che lo propone, questa nuova infrastruttura dovrebbe portare il gas in Italia passando per Cipro, Creta e Grecia continentale. Il progetto, conosciuto come EastMed, costituisce probabilmente la più grande opportunità di creare realmente un hub in Italia, incidendo significativamente sul quadro degli approvvigionamenti europei. La capacità di trasporto dei gasdotti non è stata ancora definita; il consorzio proponente parla di 10-20 Bcm annui anche se alcune fonti stimano una potenzialità di produzione del bacino superiore a 30 Bcm annui. Allo sviluppo di questo progetto, riconosciuto dall’Unione europea come di interesse prioritario, si oppone la Turchia che reclama dei diritti su gran parte delle aree dove dovrebbe essere realizzato, ritenendole aree di proprio Esclusivo Interesse Economico. Ad ogni modo, l’entrata in funzione dell’EastMed non è prevista prima di 4-6 anni.
Rigassificatori
La capacità massima attuale dei rigassificatori in Italia è di 15,25 Bcm annui di cui 3,5 a Borgo Panigaglia, 8 a Rovigo e 3,75 a Livorno. Con il recente acquisto da parte della Snam di due navi-rigassificatori la capacità nominale italiana di rigassificazione salirà a 25 Bcm annui. Queste nuove navi dovrebbero entrare in funzione in tempi relativamente brevi (1-2 anni).
L’Italia e l’affrancamento dal gas russo
Innanzitutto, è importante definire l’entità della dipendenza europea dal gas russo. Nel 2021, il 45 per cento del gas consumato dalla Ue è stato importato dalla Russia, ovvero circa 155 Bcm, 140 dei quali via gasdotto e 15 via gas liquefatto. In particolare, l’Italia importa il 95,6 per cento dei 76 Bcm che consuma; di queste importazioni, nel 2021 il 38,2 per cento proveniva dalla Russia (circa 29,7 Bcm). Come conseguenza della crisi ucraina, il governo italiano ha stipulato una serie di contratti alternativi a quelli russi per garantire il fabbisogno energetico. In particolare, l’Algeria fornirà altri 6 BCM nel 2022, che diventeranno 10 dal 2023, Egitto e Qatar invieranno ognuno via nave altri 3 Bcm entro il 2022, che diventeranno 5 nel 2023. Dal Congo, invece, arriveranno altri 4,5 Bcm entro in 2024. Il Governo sostiene che, nel complesso, i nuovi contratti dovrebbero garantire la sostituzione di metà del gas proveniente dalla Russia nel 2023 e la totale sostituzione dal 2024. Facendo le somme, però, le nuove forniture ammonteranno a 24,5 Bcm: all’appello ne mancano 5,2. A partire dal 2026, il potenziamento del Tap dovrebbe portare altri 10 Bcm dall’Azerbaijan, il che colmerebbe il buco e garantirebbe un avanzo di 4,8 Bcm.
Solo in futuro, quando le infrastrutture dell’Eastmed dovessero essere realizzate garantendo un flusso di 10 – 20 Bcm, l’Italia potrebbe diventare un vero hub europeo per il gas importato. Tali quantità costituirebbero circa il 10-16 per cento delle importazioni totali europee dalla Russia attraverso i gasdotti, percentuale destinata a crescere se consideriamo che le importazioni europee dalla Russia andranno a diminuire per effetto dei contratti che l’Italia ed altre nazioni europee hanno stipulato in questi mesi con altri paesi (per esempio, la Germania è in procinto di acquistare sei navi Fsru).
In conclusione, lo sviluppo da molti auspicato di un hub in Italia non è certamente la panacea, ma può costituire un elemento importante per alleviare la crisi energetica ed aiutare l’Europa a rendersi indipendente dal gas russo. I numeri sono, però, incerti. Per la realizzazione di questo programma è, infatti, necessario risolvere il contenzioso con Ankara che di fatto blocca lo sviluppo dell’EastMed e accelerare i tempi politici, burocratici e tecnici per la realizzazione delle nuove infrastrutture. Il tutto rilanciando il più possibile gli investimenti nelle energie rinnovabili e nello stoccaggio di energia per favorire la decarbonizzazione e l’indipendenza da paesi instabili.
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