IN RICORDO
Tra noi parlavamo in dialetto. E’ la nostra lingua, quella del Nonno, quella delle loro due figlie più grandi: la Rosy e la Lorenza, la lingua dei miei genitori, di mia sorella Adriana e di suo marito Mario, ed in dialetto era per tutti la “Nona Menga”.
I più giovani sono cresciuti con l’uso della lingua italiana e forse è giusto che si dovesse fare così.
Ma oggi alla “Nona Menga” io voglio dare del tu. E’ la prima ma, evidentemente è anche l’ultima volta.
Ti ricordo e ti ricordiamo Nonna Menga!
Quando dai tuoi racconti rammentavi la tua fuga da Mondaino, nell’agosto del 1944, assieme agli altri sfollati siete fuggiti a Montefiore nell’illusione, sbagliata, di un miglior luogo per affrontare il passaggio del fronte di guerra.
Avevi 27 anni e la tua bimba ne aveva solo quattro e la portavi sempre con te, anche nei campi ove cercavi e trovavi lavoro.
Anche la spigolatrice hai fatto, pur di rimediare in qualche modo il cibo. Eravate sole e senza alcuna protezione.
Tuo marito infatti, già da anni era partito per quella disastrosa guerra, dichiarata con la più colpevole insipienza da un dittatore istrione che, per la malasorte dell’Italia e del mondo, era il capo del governo ed era alleato con un pazzo d’oltralpe.
Si può dire che fu anche fortunato tuo marito a cadere prigioniero. Sei anni dopo la partenza potè tornare a casa. Tanti altri soldati suoi compagni, non sono più tornati. I loro corpi sono marciti nei fossi delle strade tra il fango e la neve in quelle disastrose ritirate.
Sono stati anni difficili per te, Nonna Menga, con la fame, le privazioni, le incertezze e i pericoli per la vita.
Ti ricordiamo Nonna Menga!
Ti ricordiamo nei tuoi anni, per così dire, più sereni, quando, alla soglia dell’età anziana ti portavi in vacanza con te, per le tue cure idropiniche, il tuo nipotino Mauro e lo lasciavi correre e scorazzare in libertà ed è anche per questo che lui prese a volerti tanto bene.
Lui, non è più quel piccolo nipotino di un tempo, che noi genitori ti consegnavamo con mille raccomandazioni. Il tempo è passato anche per lui ed ora ha i capelli bianchi.
Il tempo infatti passa e trasforma la natura del mondo le cui nuove condizioni si avvicendano sempre alle precedenti.
Tu hai vissuto già molto di più del Nonno, tuo compagno di vita. Per questo non possiamo lamentarci. Non è stato un lasciarci prematuro il tuo, ma è stato sempre un lasciarci, quello dell’altro ieri.
Il tuo corpo si decomponeva e languiva sfinito dal tempo e dalla cancrena e i tuoi figli, con dolore, scorgevano il suo lento disfarsi.
Ma ecco che altre vite sono già sorte e sorgeranno, “Nonna Menga”. Sono sorte da quelle dei tuoi nipoti e ne sorgeranno ancora. Ed ancora sorgeranno da quelle dei tuoi pronipoti e da quelli che ancora verranno.
E così l’universo continuerà a rinnovarsi senza posa e le creature mortali, vivendo scambievoli esistenze, si passeranno sempre, come staffette, la fiaccola della vita.
Ciao Nona Menga!!
Silvio Di Giovanni
Cattolica, 1 luglio 2010, nella Chiesa Parrocchiale di Via XX Settembre