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Home Economia

Economia. L’Ira della discordia tra Usa e Unione europea

Redazione di Redazione
23 Dicembre 2022
in Economia
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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Vignetta di Cecco

Vignetta di Cecco

Tratto da lavoce.info

DI ALESSIA AMIGHINI, professore associato di Politica economica presso l’Università del Piemonte Orientale e Associate Senior Research Fellow nel programma Asia dell’ISPI

Gli Stati Uniti hanno varato un pacchetto fiscale di proporzioni inusitate rivolto in primo luogo all’economia verde. Potrebbe avere ripercussioni pesanti per l’industria europea, come dimostrano le reazioni preoccupate di Commissione e singoli stati.

Un pacchetto fiscale di portata enorme

Dopo mesi di dibattito politico, il 12 agosto l’Inflation Reduction Act (Ira) è stato approvato dalla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti; il Senato lo aveva passato una settimana prima. Si tratta di un impegno fiscale monstre, che riguarda le tasse ambientali, sanitarie e aziendali. Il disegno di legge prevede ben 370 miliardi di dollari per la riduzione delle emissioni e la promozione di tecnologie verdi, il più grande pacchetto fiscale di sempre destinato specificamente alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Insieme agli altri due provvedimenti – Bipartisan Infrastructure Law (Bil) e il Chips & Science Act – con cui si sovrappone parzialmente, l’Ira immetterà fino a 2 mila miliardi di dollari di spesa pubblica nei prossimi 10 anni.

Firmando l’Ira, il presidente Biden ha mantenuto la promessa di costruire un’economia che funzioni per le famiglie dei lavoratori e le piccole imprese. La legge prevede investimenti urgenti per ridurre i costi dei farmaci da prescrizione, dell’assistenza sanitaria e dell’energia, al fine di creare opportunità per i 33 milioni di piccole imprese americane e per le start-up innovative. È l’azione più aggressiva che gli Stati Uniti abbiano intrapreso per affrontare la crisi climatica. Aiuterà la Fed ad affrontare l’inflazione riducendo il deficit pubblico, in quanto ai super ricchi e alle grandi aziende verrà chiesto di pagare una quota, mentre nessuna piccola impresa o famiglia con un reddito inferiore a 400 mila dollari all’anno pagherà un centesimo in più di tasse.

Le reazioni in Europa

Il pacchetto statunitense ha suscitato una forte preoccupazione fra i paesi membri dell’Unione europea. Il timore dell’Ue è che la legislazione americana, basata su agevolazioni e sussidi per l’economia verde, distorca la competizione e inneschi una fuga di investimenti dal mercato europeo a beneficio di quello americano. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha auspicato un intervento comunitario per bilanciare i rapporti sotto forma di una revisione degli aiuti di stato per agevolare gli interventi pubblici, una ricalibratura dei finanziamenti sulle tecnologie verdi e una collaborazione con gli Usa al fine di modificare alcuni degli aspetti più preoccupanti dell’Ira.

I generosi sussidi previsti dall’Ira potrebbero infatti incentivare le aziende europee a delocalizzare negli Stati Uniti, a partire dal gennaio 2023 quando si avvieranno le sovvenzioni all’energia eolica, alle auto elettriche e alle altre industrie verdi per privilegiare la produzione nazionale rispetto alla concorrenza d’Oltreoceano attraverso le cosiddette clausole “Buy American”.

L’Europa ha dunque bisogno di una pronta risposta all’Ira statunitense per garantire un futuro alla sua industria. In particolare, l’Unione è chiamata con urgenza, espressa di recente da alcuni grandi stati membri (Francia e Germania), a una revisione dei criteri e delle regole comunitarie in merito agli aiuti di stato. “Quando due superpotenze sovvenzionano pesantemente alcuni settori, si può decidere di non fare nulla, di rispettare le regole e la purezza della dottrina (del libero mercato) (…) ma alla fine non rimarrà molto (in Europa)”, ha detto Emmanuel Macron.

Secondo il presidente francese, la risposta dell’Europa, attraverso strumenti nazionali e comunitari, dovrebbe ammontare a circa il 2 per cento della sua produzione. Macron non ha mancato di aggiungere una critica poco velata alla strategia di apertura incondizionata perseguita dall’Ue, volta ad aprire il mercato interno attraverso una serie molto ambiziosa di accordi preferenziali riguardanti il commercio estero e gli investimenti diretti esteri. La critica sostiene che l’apertura non permetterà guadagni di efficienza, come predicato dalla teoria economica, se i partner commerciali sono grandi sostenitori degli aiuti di Stato, come Stati Uniti e Cina. Anche Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno, ha affermato che gli Stati Uniti hanno iniziato una “corsa ai sussidi” attraverso gli incentivi agli investimenti che l’Ira offre alle aziende. Tra le altre misure, prevede infatti un credito d’imposta pari al 30 per cento del costo delle fabbriche nuove o aggiornate che costruiscono componenti per le energie rinnovabili.

Finora i negoziati tra Europa e Stati Uniti non hanno prodotto progressi sufficienti, neanche dopo la visita del presidente francese negli Stati Uniti a fine novembre e l’incontro dei rappresentanti della Commissione europea con le controparti statunitensi a inizio dicembre. I ministri hanno dichiarato di sperare ancora in concessioni da parte degli Stati Uniti, come ad esempio un’eccezione per i produttori dell’Ue dalle norme sul “contenuto interno”, che gli Usa hanno applicato ai loro vicini diretti, Canada e Messico, con i quali hanno un accordo di libero scambio. Tuttavia, hanno esortato l’Ue a prepararsi all’eventualità che il risultato non sia raggiunto, aggiornando il proprio regolamento sulle sovvenzioni.

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