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Home Economia

Zamagni: “La rendita uccide lo sviluppo”

Redazione di Redazione
10 Maggio 2011
in Economia
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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ECONOMIA

– Imprenditori innovatori, che aprono a nuove forme di sviluppo. E imprenditori imitatori, che godono esclusivamente di posizioni di rendita. Stefano Zamagni è tra i massimi economisti italiani. Riminese, è il preside della facoltà di Economia e commercio all’Università di Bologna. E’ sceso a Rimini invitato da una delle liste che si contendono il Comune di Rimini lo scorso aprile.
La rendita
L’intellettuale ha toccato con profonda onestà intellettuale una serie di temi.
Salario, profitto e rendita. “Tutti gli economisti hanno sempre detto che la rendita è distruttiva, perché non crea ma sfrutta. Quando la rendita supera il 15% del Pil (Prodotto interno lordo) – una soglia critica identificata da diversi economisti – allora l’economia è destinata al conservatorismo: in Italia la rendita supera il 33%, ed è per questo che il nostro Paese non cresce. C’è poco profitto e troppa rendita”. Dalla subcultura della rendita, occorre passare allora allo sviluppo integrale: “sviluppo è una parola di origine latina che significa “togliere i lacci, liberare”; integrale significa che questo sviluppo deve riguardare tre aspetti della persona: materiale (i beni); socio-relazionale; spirituale”.
Gli imprenditori
“Due tipi: gli ‘imitatori’, che portano avanti la propria impresa imitando le idee di altri, godendo quindi di una posizione di rendita. E gli ‘innovatori’, che spingono avanti la frontiera della conoscenza. A Rimini, dopo gli anni ’70 e soprattutto nell’ultimo ventennio, il tasso di imprenditorialità innovativa è crollato. La cultura della rendita, che ha dominato, ha delegittimato l’innovazione. Penso soprattutto alla fasce più giovani della popolazione: qui il tasso di imprenditorialità è drasticamente caduto. I giovani sono i più creativi per antonomasia, ma se non creiamo un ambiente capace di supportarli e farli crescere, rischiamo o di abbandonare la città al declino o di lasciarla in mano ad altri imprenditori innovativi ‘esterni’, stranieri o multinazionali, che potrebbero arrivare e comprare tutto”.
Zamagni indica come uscire da questa situazione: cambiare cultura, in particolare quella “che deride chi innova e invece riverisce chi vive di rendita”.
“L’innovazione – afferma il professore – va concimata, e l’Università è il luogo ideale. Ci vogliono rapporti sempre più stretti fra il mondo delle imprese e il Polo universitario di Rimini, occorre stipulare un’alleanza strategica: la presenza di alcune migliaia di studenti, di docenti, di strutture nuove sono una ricchezza fondamentale”.
Un altro passo decisivo è quello di passare dal concetto di “cittadino utente” a “cittadino committente”: deve essere la domanda ad orientare l’offerta di servizi, ha detto Zamagni, e non il contrario. L’amministrazione deve ‘dare conto’ del suo operato, ma questo non basta: “Il Comune deve ‘tenere conto’ della domanda che emerge dalla cittadinanza, dando vita ad una sussidiarietà circolare”, costruita su un triangolo equilatero i cui vertici sono: Comune, Business Community (imprese), Associazionismo-Società Civile.
“Spesso succede che, nella migliore delle ipotesi, uno dei tre vertici ascolta e poi decide lui cosa fare. È un modo necessario ma non sufficiente: l’obiettivo è la co-progettazione: non possiamo chiamare il volontariato quando serve, per poi scaricarlo subito dopo. Se vogliamo valorizzare la società civile la dobbiamo coinvolgere interamente anche nelle fasi di decisione e di progettazione”.
La cultura
“La cultura non è soltanto un bene di consumo, ma è anche un bene di investimento: accettare questo punto di vista è decisivo. Per Rimini la cultura potrebbe essere un fattore strategico di sviluppo. Rimini ha potenzialità enormi non sviluppate, lo dico da sempre, sia dal punto di vista delle infrastrutture che del capitale umano. Ma c’è un male oscuro che si è impossessato della città: sono le ‘passioni tristi’, per dirla con Spinoza. È il senso di impotenza, inculcato da una massa di ‘benaltristi’, quelli che dicono sempre ‘ci vuol ben altro!’ e che sono dei disfattisti succubi della subcultura della rendita. Bisogna isolarli, bisogna togliere i semi delle ‘passioni tristi’”.
“Rimini – continua Zamagni -ha tutte le carte in regole. Ciò di cui c’e’ bisogno non sono le risorse, che non mancano, ma le ‘persone pensanti’. La bilancia pende troppo dalla parte delle ‘persone calcolanti’ che sono quelle che pensano di risolvere tutti i problemi solo facendo i conti. La bilancia va riequilibrata a favore delle ‘persone pensanti’, ovvero quelle che ti fanno vedere la direzione, che indicano la meta e che iniziano un cammino e che anche se non conoscono già in partenza l’esito finale, ti aiutano a camminare insieme per costruire la strada un po’ alla volta. Di queste persone ha bisogno Rimini”.

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